Motospia

Un milione di chilometri – Capitolo 24

Un milione di chilometri APRILIA PEGASO CUBE 650

CAPITOLO 24

TRIUMPH TIGER 800 XCX Km 24.500 e KTM 640 ADV Km 5.000

Le cilindrate delle moto, come nelle canzoni, “fanno dei giri immensi e poi ritornano” e questo BMW lo sapeva benissimo. Dopo aver spostato l’ asticella da 800 a 1000cc coi suoi storici boxer a due valvole, con un paio di passaggi intermedi era giunta fino ai 1200cc delle ultime LC, salvo poi utilizzare anche il bicilindrico frontemarcia di 800cc e allargare verso il basso la sua offerta, al fine di presidiare ogni settore del mercato. Compreso che contro il GS 1200 a livello di mercato nulla si poteva, anche la Triumph con il Tiger 800, strizzò l’occhio a quegli utenti che iniziavano a considerare un po’ troppo alte le cilindrate raggiunte e magari avevano voglia di leggerezza e sopratutto di un bel cerchio da 21” sul davanti, vero e proprio spartiacque nel settore enduro. Nonostante la SuperTeneré rispondesse in pieno a “quasi” tutti i miei desideri, iniziai anche io a considerare il settore 800 come un bel giardino da andare a visitare e per entrarci la scelta si ristrinse fra il BMW GS 800 e l’inglesina a 3 cilindri. Al di là di freddi valori tecnici e poco romantiche offerte economiche, due sono stati i fattori, determinanti allo stesso modo, che mi hanno portato a scegliere la Triumph. Da una parte c’era la curiosità verso una tipologia di motore che non avevo mai né posseduto né provato e dall’altra una sorta di idiosincrasia verso il marchio tedesco. In realtà io non avevo e non ho nulla contro i bavaresi ma resta il fatto che ogni volta che mi sono trovato a varcare la soglia di un loro concessionario per tentare un approccio, non mi sono mai trovato a mio agio. Sicuramente è un mio personalissimo problema, dato che loro le moto le sanno vendere, e i numeri fatti negli ultimi anni sono lì a dimostrarlo, ma credo che di primo acchito si accorgano subito che considero i loro prodotti sullo stesso piano degli altri, senza quel piedistallo che da anni si impegnano a piazzargli sotto, e questo li indisponga automaticamente. Alle volte mi deridono per l’usato che vorrei permutare e mi magnificano il loro prodotto senza pensare che spesso ne so più di loro e che le moto oramai sono tutte ottime, con differenze fra l’una e l’altra, che vanno create ad arte, più che cercate.


Le ottime sospensioni manuali del Tiger, con WP di serie, mi fecero soprassedere sulla mancanza di una versione a controllo elettronico, ché la piccola 3 cilindri mostrava comunque una dotazione da grande, compreso il cruise control. La moto in sé appariva solida e robusta con l’ unico appunto, circa l’affidabilità, dell’allentamento di quasi tutti i raggi posteriori dopo una Urbino-Ascoli, praticamente 760 km di off racchiusi in un we.

Anche la comodità andava messa sotto le voci positive, al contrario invece del motore che, dopo l’euforia dei primi km, andava mostrandosi per quello che era, un animale in letargo! Forse riposi aspettative esagerate in quella moto, ma non fu come credevo o speravo; il piccolo motore inglese, più che unire il carattere del bicilindrico alla regolarità del quattro sembrava proprio un quattro e basta, coi suoi pregi ma anche i suoi, almeno per me, difetti.
Il tre cilindri mostrava una regolarità invidiabile con un’innata impossibilità a strappare, anche a regimi di poco superiori al minimo, unita però ad una piattezza disarmante; questo almeno fino ai 6000/7000 giri, perché passata questa soglia, esplodeva in un allungo impetuoso. Visitando spesso la zona alta del contagiri si poteva tenere il ritmo delle maxi 1200, ma in basso non c’era niente di tutto quello che piaceva a me e, dopo pochi km, sentì nettamente la mancanza della mia ST appena ceduta.
A Pasqua, per rodare il mezzo, pescai nel mio repertorio un classico del tipo Camargue-Gole del Verdon-Liguria e in autostrada mostrò di essere nel suo mondo perché la mia velocità di crociera combaciava col suo range ottimale di utilizzo. Ma non si vive di sola autostrada e nei tornanti a pieno carico, pur avendo imparato a tenerla “allegra”, raggiunsi la consapevolezza che cercare continuamente la marcia giusta per andare a tono, mi stava togliendo quel relax e quel piacere, che non possono mancare ogni qualvolta giro la chiave di avviamento di ogni mia moto.
Nel frattempo Avventure in moto stava crescendo e dopo il Marocco fu la volta della Polonia e a Ottobre dell’Andalusia, con la Norvegia come viaggio top in programma per il mese di Agosto. In pratica la realizzazione dell’idea mia e di Andrea, di come dovrebbe essere un giro da quelle parti: tanta, tantissima strada, perfetta, poco trafficata e scarsamente rettilinea con una breve e obbligata, quanto commerciale, toccata e fuga a Caponord. In quella pausa dall’Islanda mi toccò il trasporto in solitaria di tutte le moto con un furgone e relativo carrello ma a dire il vero, le strade lassù sono così piacevoli da percorrere, che anche con un mezzo da lavoro c’è modo di goderne. Nei miei giri norvegesi ebbi l’occasione di notare come lo scarso carattere della mia piccola 800 andava d’accordo con i consumi che si rivelarono irrisori, il ché non è disprezzabile in un paese dove la benzina non è proprio regalata. Un giorno, mentre Andrea era alla guida del tour, io e Barbara insieme a Leo eravamo in cerca di strade alternative per le successive edizioni, quando ad Inverness noto sulla cartina due stradine interessanti che meritavano di essere “esplorate”. Una sbucava al mare, costeggiando un torrente che è praticamente sul suolo russo, attraverso uno sterrato facile e panoramico ma contornato di poco amichevoli cartelli che ricordano il pericolo di morte a voler attraversare il suddetto corso d’acqua. Nella speranza di non alimentare inutili tensioni internazionali, proviamo anche l’altra strada e ci ritroviamo risucchiati in un accogliente e caratteristico paesaggio boscoso che ci guida fino ad un paesino dal quale parte una sterrata che scende verso sud. Secondo una vecchia pubblicità “una telefonata ti allunga la vita” ma, aggiungerei io, chiedere informazioni a gente del posto è anche meglio! Furono proprio gli abitanti del paesino che, avendo notato il nostro desiderio d’avventura, pensarono bene di avvertirci che in quella stradina, verso sud, avremmo potuto incontrare grossi orsi. E se le dimensioni non sempre contano è pur vero che l’aggettivo “grandi” accostato a degli orsi, fu un deterrente sufficiente a farci cancellare quella zona da ogni nostra futura esplorazione. Nonostante i confini politici e la natura selvaggia da rispettare, la Norvegia resta a tutt’oggi il mio posto preferito dove guidare la moto e se avessi foto di me mentre guido lì, sarebbero tutte inevitabilmente con un sorriso da ebete, ora come allora.
Alcuni mesi prima avevo fatto posto nel mio garage ad un’ altra moto, tanto sognata e desiderata, quanto deludente una volta avuta e guidata, una KTM 640 lc4 Adventures usata.


E’ stato sicuramente un onore averla posseduta e scarrozzata negli sterrati del centro Italia ma mi accorsi di non riuscire proprio ad entrare in sintonia coi mezzi antichi, vibrazioni da spezzare le ossa e freni senza ABS, che io non tolgo nemmeno in off, sono scogli troppo grandi da superare. E poi era troppo piccola per il passeggero, praticamente una monoposto, mentre io amo condividere i percorsi nella natura. Infine c’era da fare i conti col famoso “Ready to race”, il motto che accompagna e spiega al meglio la filosofia delle arancioni, ma che a me non fa nessun effetto, anzi forse allontana. Io mi sento pronto si, ma a viaggiare, ad esplorare modestamente la natura intorno a me, e per far questo non ho bisogno di nessuna tabella porta numero.
Tornato dalle fredde, ma non per me, terre del nord, provai per l’ennesima volta a contattare il gruppo Piaggio per sondare il terreno circa la mia richiesta di una Aprilia Caponord Rally, di quelle a parco stampa. La mancanza di carattere di quella gazzella inglese stava diventando un male incurabile e, pur sapendo in cuor mio, che la scelta più razionale sarebbe stata quella di riapprodare in Giappone dalle parti di Iwata, la vergogna per l’ ennesima scelta sbagliata mi impediva di ammetterlo.

LEGGI IL VENTICINQUESIMO CAPITOLO, CLICCA QUI

© 2022, MBEditore - TPFF srl. Riproduzione riservata.


Vuoi saperne di più? Di' la tua!

<strong>SCRIVICI</strong>

    acconsento al trattamento dei dati presenti nel form di contatto