Motospia

Un milione di chilometri – Capitolo 21

Un milione di chilometri APRILIA PEGASO CUBE 650

CAPITOLO 21

MOTOGUZZI STELVIO 1200 NTX KM 61.000 + ntx 650 5000km

Difficilmente mi soffermo sul lato estetico della moto ma nel caso della Stelvio m.y.’11 non posso tralasciare l’ottimo lavoro compiuto dal centro stile Guzzi che, senza far assomigliare la moto ad un’autobotte dei pompieri, aveva portato la capienza del serbatoio da 18 a 32 lt e nella sostanza questo era oro per me.

Di contro si era perso il vano portaoggetti sul lato dx, ma credo che a fronte di un’ autonomia quasi raddoppiata, nessuno ne avrà sentito la mancanza. I tecnici invece avevano adottato un basilare controllo di trazione, non so se spinti da un reale bisogno o perché obbligati dalla concorrenza che andava aumentando il numero di gadgets elettronici ad ogni nuovo m.y.


Lo scarso utilizzo della Bellagio, da parte della sua legittima proprietaria, mi consigliò di scendere di grado e tramutare la fascinosa, ma forse impegnativa 940cc, con una Breva 750 decisamente più friendly, nella speranza di instillare in Barbara il germe della moto.
Appena presa la nuova Stelvio, come è logico che sia, iniziano i confronti con la precedente e noto che l’ erogazione, nel range fra i 3200 e i 4000 giri, sembra sporcarsi, disturbandomi un po’.
Questi sporadici fastidi, forse dovuti alla doppia sonda lambda, non mi impedirono di godermi a pieno un anello fra Svizzera, Francia, Olanda, Belgio, Germania e Repubblica ceca, che era nato all’ insegna del poco impegnativo e finì invece con 9000 km all’ attivo e l’unico neo del caldo, a volte davvero fastidioso.

Dato l’andazzo kilometrico che stava prendendo anche quest’ ultima moto, pensai fosse cosa buona e giusta accostare un’ altra due ruote alla Stelvio per toglierle un po’ di strada dalle spalle. Trovai in Sardegna una vetusta Guzzi ntx 650 e la presi per i giri corti e le “scampagnate” ma sbagliai clamorosamente bersaglio, con l’aggravante che non era la prima volta. Non dico sia una regola universale ma a me personalmente riesce difficile e frustrante tornare a guidare, senza offesa, un pezzo di ferro, quando ho assaggiato la modernità che è fatta di comodità, praticità e soprattutto sicurezza maggiori.


Quella vecchia ragazza non fa per me e dopo alcuni mesi ed appena 5000 km la vendo ad un amico.
Con il 2012 arrivano delle interessanti novità: Alex organizza ancora un tour in Islanda ma, ed è questo il grosso cambiamento, stavolta si parla di giungere comodamente in aereo e trovare già le moto sul posto ad aspettarci. Non è una differenza da poco, infatti nel mio precedente viaggio, il trasferimento fatto di migliaia di inutili km e conseguenti giorni buttati, era stato l’unico vero aspetto negativo.
Certo, se si ha a tempo a volontà e soprattutto voglia, l’opzione risulta una delle tante ma per me, che avevo ed ho un tot giorni di ferie e non più a disposizione, il trasporto moto risulta l’unica via per godere a pieno dei posti lontani da casa che intendo visitare su due ruote. L’idea mi piacque e coinvolgendo anche altre persone, strinsi pian piano un’ amicizia con Alex, che si rivelerà persona professionale e decisamente affidabile. Il nostro giro, nell’ottica del risparmio, prevede sempre soste in fattorie con cucina, tutte scelte da Alex in posti davvero interessanti e grazie a lui, oltre a ritrovare angoli già conosciuti, aggiungiamo non poche divagazioni che andranno a comporre quei 5000 km di puro godimento che sono stati quella vacanza. Ripensandoci bene alle volte sarebbe stato meglio rimanere su sterrate scorrevoli che avventurarsi in piste farcite di guadi non proprio consoni alle nostre cavalcature. Infatti Leo, un amico dello Stelvio club, con la mia stessa moto e anche lui con compagna al seguito, si è intelligentemente sottratto al supplizio bagnato della F 26 ma non saprà mai cosa si è perso… o forse lo sapeva ed ha agito di conseguenza?
Sterrati o guadi che siano, il Quattrovalvole Guzzi si comportò egregiamente anche grazie ad una nuova mappatura ma dati i consumi rilevati in Islanda, più simili a quelli di un traghetto, al ritorno in patria mi costrinse a tornare in configurazione originale, sopportando le sue sporadiche bizze.
Dopo anni di viaggi dal sostanzioso peso kilometrico nella mia mente si stava aprendo una nuova prospettiva che metteva in discussione tutte le certezze maturate con tempo.
Cosa avevo perso rispetto al viaggio compiuto via terra partendo da casa? Km e km di autostrada, rischi, consumo gomme e moto, traffico, caldo, pioggia. E invece cosa avevo perso rispetto al giro vero e proprio in Islanda? La risposta è “nulla”. Smettere di lavorare, prendere un aereo e ritrovarsi il giorno dopo a dare del gas è un piacere nuovo e destabilizzante per i miei parametri di viaggiatore incallito. Senza volerlo stavo diventando un fighetto o l’età e lo stress da lavoro mi stavano portando a capire che meglio sublimare la mia passione per le due ruote, minimizzando i pur presenti lati negativi? Nel dubbio comincio a pensare che quel “fly & drive” non sarà l’ ultimo. Pur non essendo nelle mie corde e non avendo mai amato quel tipo di esperienza, ad inizio 2013 vengo coinvolto in un spedizione all’ Elefantentreffen. La carovana è quella del Club Aquile Millenarie di S. Benedetto del Tronto e forse è per la loro amicizia che mi faccio convincere ad andare incontro ad una somma di aspetti in perfetta antitesi col mio essere motociclista.
Per fortuna all’andata nulla da registrare ma giunto sul posto quel circo non mi attrae proprio e non provo nemmeno ad entrare nella buca, comunicando agli altri il mio desiderio di fuga. Stranamente gli amici mi seguono, il tempo è bello e decidiamo per una toccata e fuga in Repubblica ceca. La sera si fa baldoria fino a tardi ma fuori inizia a nevicare di brutto e, intuendo il pericolo, alle 7.00 riparto da solo, gli altri faranno tappa in Austria mentre io preferisco uscire al più presto dalla perturbazione. In breve la neve attacca ovunque e mi ritrovo a Monaco con le gomme, per fortuna semitassellate ma sgonfiate un bel po’, sui 40/50 orari con i tir a farmi il pelo. Dopo 4 ore di guida affannosa e nevrotica verso il Brennero la strada va pulendosi e guadagno velocità decenti, ma non prima di aver rigonfiato i pneumatici. Superare i 100 km/h con pressioni 0.6/07 non è meglio che andare sulla neve! Arrivato finalmente a casa ho un cm di sale su tutta la moto ma non per questo sento che non sarà quella la moto del mio futuro. Alex mi aveva proposto di collaborare attivamente con lui al progetto ed alla guida di un tour in Islanda, i miei bisogni stavano mutando, la Stelvio aveva già 61.000 km e MG non aveva davanti nessuna evoluzione.
Non mi rimaneva che guardare da un’ altra parte.

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