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Downsizing: dopo la teoria, il primo viaggio è servito

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Ci siamo lasciati che avevo appena acquistato la CB 125 per dare forma reale alla mia teoria sul downsizing… Eccoci qui ora con i primi 350 km per ritirare la piccola Honda CB 125 e portarla a casa, con tutta la calma che la scelta del downsizing impone. E vi anticipo che penso già che questa moto mi farà compagnia per molto tempo…

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Non mi fai paura.

Tutti i momenti lontani, prima o poi arrivano. Quasi tutti, a dire il vero. Alcuni sogni restano tali e poi, pian piano, forse sbiadiscono. O forse no. In ogni caso, il momento di mettere alla prova l’idea del downsizing, quello arriva davvero. E mi trovo a Siracusa per ritirare la CB 125 F e mettermi in sella per rientrare verso casa, a circa 350 chilometri di distanza. Da fare in gran parte il giorno dopo, perché il sole è appena tramontato. La prima tappa sarà quindi “soltanto” di una novantina di chilometri e mi porterà a Ragusa. Una lauta cena ed una notte di sonno ristoratore dovrebbero prepararmi alla tappa più lunga, che le previsioni danno come ventosa ma soleggiata.

Il primo confine di provincia che ho visto.

Sbrigate le formalità non rimane che partire per la prima tappa.

Sbrigate le formalità burocratiche, portata al valore corretto la pressione delle gomme, salgo in sella. La piccola Honda è proprio…piccola (d’altronde parliamo di downsizing, no?), ma la sella è ampia ed accogliente, ben imbottita. Tutto è adeguato anche ai miei 189 centimetri, con il manubrio alla giusta distanza. Le pedane sono molto più avanti di dove le cerco istintivamente, con la memoria fisica settata sulla triangolazione della Tracer 900 GT. In effetti mi trovo seduto in posizione molto meno “dinamica”, ma non è una sensazione sgradevole e fa sì che l’angolo delle ginocchia sia meno faticoso. Giro la chiave, premo il pulsante d’avviamento e ascolto il motore.

L’unico modo di associare a questo motore il concetto di rombo è usarlo per andarci in pescheria a comprarne uno. Al limite, ricorrere ad una sogliola. Ma acusticamente, zero. Il contagiri conferma che è in moto, tuttavia. Per cui innesto la prima e mi dirigo verso l’altopiano ibleo. Il cambio è dolce e preciso, molto meglio di come me l’aspettassi e migliore anche di diverse moto con aspirazioni ben diverse.

Le sospensioni sono decenti e fanno il loro lavoro, anche con i miei quasi 90 kg comprensivi di abbigliamento e mini bagaglio. La forcella è molto morbida e non è difficile andare a fondo corsa sulle sconnessioni più pronunciate. Al contrario, il posteriore è secco e, complice la posizione di guida con la schiena molto verticale, trasmette fedelmente le asperità. Nonostante questo, si tratta di un buon compromesso e la moto non si scompone più di tanto quando, in discesa, provo a piegare di più, sfruttando la…ehm…poderosa spalla del pneumatico posteriore, la cui misura di 90/90 su cerchio da 18” dà alla vista da dietro le apparenze di una bicicletta.

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La possente impronta del pneumatico posteriore.

La maneggevolezza è degna di una bicicletta. Proprio come previsto dalla teoria del downsizing.

E la maneggevolezza è esattamente da bicicletta, in discesa cambio traiettoria col pensiero. In salita, c’è tutto il tempo di dedicare il pensiero a ben altro, perché la velocità scende in maniera imbarazzante. Bisogna tenere il motore su di giri ed usare il cambio freneticamente. Se la pendenza cresce, l’andatura può diventare imbarazzante e, se il traffico di veicoli è intenso, bisogna fare attenzione perché ci si trasforma in ostacoli vulnerabili sul ciglio della strada.

Superata Palazzolo Acreide, mi trovo in un nebbione che nasconde anche la strumentazione, su strade che ancora portano le tracce dei nubifragi dei giorni precedenti. La trasferta diventa molto meno godibile, se la nebbia fosse meno fitta dovrei vedere i cartelli che danno indicazioni per Loch Ness. Alla fine, arrivo in albergo dopo quasi 50 km di guida in un’atmosfera da Highlands, che mi permette di gustare un morso d’avventura dove credevo di trovarla. La piccoletta però non batte ciglio e, ad un’andatura consona ai suoi 10,6 cavalli in rodaggio, mi consegna infine al tepore di una camera confortevole.

La parcheggio al riparo dal vento, coreograficamente illuminata. Albergo comodo e pulito, appena fuori Ragusa. Silenzioso, con ragazza gentilissima alla reception, abbondante colazione e ottimo rapporto qualità prezzo. Peccato soltanto che non ci fosse un parcheggio al coperto per la moto. Una citazione meritatissima anche per la Taberna dei Cinque Sensi, locale accogliente in centro con ottima cantina, attenzione ai prodotti locali e bell’assortimento di distillati per chiudere bene una serata in cui…non devo più guidare.

Al mattino finalmente il clima che mi aspettavo.

La mattina dopo, Ragusa sembra essere stata silenziosamente spostata e, dalla periferia di Inverness, è tornata ad occupare il suo posto nella Sicilia sud orientale. Cielo limpido, sole, un accenno di tepore. Ecco la parte del viaggio che avevo immaginato. Entra nel vivo l’indagine sulla pratica del downsizing. Quando cerco di decidere che strada fare, mi dico che non c’è modo migliore per  iniziare un’indagine che passare dalla casa del commissario Montalbano. Per cui, invece di andare spedito (si fa per dire, con la CB) verso casa, mi dirigo a sud. La velocità di crociera, con il motore che ancora profuma di nuovo, sta comodamente intorno ai 70 km/h, con il contagiri a 6.000 e nessuna vibrazione. Se penso che le Honda XL 125 del 1984, a quel regime, disturbavano le rilevazioni dei sismografi della zona, apprezzo il progresso.

La nebbia è sparita.

Una ventina di chilometri e sono a Santa Croce Camerina che, in passato, ho sempre aggirato sulla circonvallazione, cercando di perdere meno tempo possibile per riprendere le grandi arterie veloci e non rovinare la media di viaggio. Stavolta la filosofia è diversa. Risparmiare sul mezzo in termini di costi e dimensioni mi offre il più opulento dei lussi: la possibilità di disporre del tempo. E così attraverso Santa Croce passando per il centro, ne vedo la piazza, accosto un paio di volte per chiedere indicazioni, scambio qualche sorriso con chi mi aiuta, ne ascolto l’accento diverso dal mio. Osservo la vita scorrere in un posto che avevo sempre soltanto sfiorato.

La CB s’infila nel traffico senza darmi pensieri né stress. Pochi minuti dopo sono dall’altra parte del paese, in direzione della costa. La media di viaggio così bassa da non essere più di tanto intaccata dall’attraversamento del centro storico. Un punto per la piccola Honda, un sorriso per me. La sosta da Montalbano è breve perché non vedo la Tipo parcheggiata davanti casa: dev’essere uscito oppure è a Boccadasse, da Livia. Assecondo la mia passione per i fari, parcheggiando la moto sotto quello di Punta Secca.

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Una visita al commissario Montalbano.

Riparto per Gela evitando la trafficata SS115.

Poi riparto verso Gela, evitando la veloce e trafficata SS115 e preferendo le provinciali che costeggiano il mare. Cielo limpido, la distesa azzurra che occhieggia spesso alla mia sinistra, la mia velocità che varia fra 50 e 80 km/h. Il piacere di andare in moto è anche questo: godersi i paesaggi e la partecipazione che solo la moto può offrire, lasciandoti immergere nei profumi, lasciandoti sentire le variazioni di temperatura.

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La SS115 è troppo veloce per la CB.

Bisogna riparametrarsi. Togliere la fretta di arrivare. Togliere la convinzione che aprire il gas possa fare andare la moto più veloce. Sostituire l’idea di effettuare sorpassi in sicurezza con quella di lasciarsi sorpassare in sicurezza. A questa velocità, vedo le buche da lontano e, senza rallentare, ho il tempo di studiarle, ideare una strategia per evitarle, elaborarne un altro paio in alternativa, convocare un comitato per scegliere la migliore. Praticamente faccio conoscenza con la buca, mi affeziono e quasi mi dispiace lasciarmela scorrere accanto mentre aguzzo la vista per la prossima.

Con queste premesse, viaggiare diventa un piacere nuovo e più grande. Esploro strade che non conoscevo, pur essendoci passato vicino mille volte. Mi fermo a guardare un promontorio. Mi scopro a sorridere, nonostante con la Tracer sarei già piuttosto vicino a casa. A Gela faccio il pieno, poi attraverso il paese senza risentire del consueto folle vorticare d’auto indisciplinate. Da lì in poi ho poche alternative alla SS115, per cui mi rassegno.

10 cavalli si abbeverano.

Nel traffico della statale mi sento una pulce della strada. Effetto collaterale del downsizing.

Il traffico è sostenuto, misto ma con molti mezzi pesanti, comunque decisamente veloce per la mia nuova andatura. In prossimità del margine destro della strada, con gli occhi fissi sullo specchietto, assorbo la tensione derivante dall’essere il veicolo più piccolo e lento in un mondo in cui chi guida non ha di meglio da fare che scrivere messaggi sul cellulare. La piccola CB non è fatta per queste strade, ha bisogno di meno traffico. Oppure dovrei spremerla a manetta, sperando di non trovare troppe salite che la facciano scendere sotto i 90 all’ora. Ma non è questo l’approccio. Semplicemente, il downsizing ha bisogno di percorsi adatti.

La bellezza che ho sempre sfiorato.

Fatta l’abitudine al nuovo ruolo di pulce della strada, riesco parzialmente a godermi anche questo tratto, sfiorando Licata e quindi vedendo sorgere, sulla collina di fronte a me, i templi di Agrigento. Scopro, con una certa sorpresa, di non essere stanco. L’ampia sella offre possibilità di variare la posizione, la pressione dell’aria a 70 all’ora non rileva e, nel complesso, si va che è un (lento) piacere. Mi supera un ragazzino su una KTM Duke 125, alza il piede destro dalla pedana per salutarmi. Ricambio con la mano e mi viene da ridere. Incontro anche moto di grossa cilindrata, che ricambiano il mio saluto ma non nascondono una certa perplessità per l’apparente disaccordo fra la mia età e l’abbigliamento da granturismo, su un mezzo spesso snobbato anche dai sedicenni che cercano qualcosa di più performante. Mi fermo a mangiare qualcosa al bar di un distributore di benzina. Downsizing anche nell’alimentazione.

Mancano poco più di 100 chilometri all’arrivo. Ne ho percorsi altrettanti da Gela e l’indicatore del carburante non sembra essersene accorto, con la lancetta fissa sulla F di full come se fino ad ora avessi spinto la moto a motore spento. Anticipo che, a destinazione e dopo 200 km dal rifornimento, quella lancetta segnerà ancora tre quarti di serbatoio. Tenuto conto dei 14 litri di capienza e della capacità della CB di fare oltre 50 km con un litro, l’informazione sembra plausibile e piazza la moto fra quelle con autonomia maggiore in assoluto. Lo verificherò.

Questa volta decido di passare per Santa Croce Camerina, solo sfiorata in passato.

Abbandono la SS115 appena possibile, dopo l’attraversamento di numerosi confini di provincia. Fotografo i cartelli con uno spirito simile a quello che ha chi arriva, piuttosto incredulo ma grato, a quello con la scritta Nordkapp. Tornato sulle piccole strade rurali, ritrovo la dimensione adatta alla CB ed alla mia ricerca di pace interiore. Mi fermo in posti noti ma che, come il centro di Santa Croce Camerina, non avevo mai visto davvero. Scatto qualche foto perché la bellezza è tangibile. E’ stata sempre lì, ma io l’ho intuita passandole accanto, senza degnarla della giusta attenzione. Stavolta non me la lascio sfuggire, sono vicino casa ma non ho la frenesia di arrivare.

Vedo casa.

Mi rimetto in sella per gli ultimi 30 chilometri. Il che significa comunque mezz’oretta abbondante, su strade quasi deserte, circondato dai colori della campagna autunnale. Procedo a 60 all’ora, senza indolenzimenti grazie all’inaspettata comodità della posizione di guida, cullato dal ronzio regolare del motore. Spingo di più nelle curve che conosco e mi accorgo che, grazie alla massa ridotta, posso osare ben di più che con la Tracer, correggendo la traiettoria facilmente quando necessario e percorrendo la curva a velocità anche superiore a quella che ho di solito con la moto grande. Pendenza permettendo, ovviamente.

Ecco le prime case del paese, sono arrivato. Sullo sconnesso asfalto urbano la secchezza degli ammortizzatori posteriori è più evidente e fastidiosa, ma sopportabile anche per la mia schiena non proprio da ragazzino. Dal momento del ritiro, la sera prima, ho percorso 360 chilometri. Tolta la tappa serale, sono 270 km in poco più di 6 ore e con circa 8 euro di benzina. Una media di 45 km orari, che sembra ridicola ma è comunque più di metà di quella che sarei riuscito a tenere con la Tracer.

È quello che avevo immaginato, in termini di sensazioni? Per certi versi sì. Il pericolo sulle grandi arterie è da tenere in considerazione quando si pianifica un percorso. Ma il piacere del downsizing l’ho toccato con mano e mi ha dato un sorriso che ho addosso mentre sistemo la CB in garage al fianco della Yamaha. Merita il posto e merita rispetto. Penso proprio che la piccola Honda mi farà compagnia per tanti chilometri, il downsizing è appena iniziato…

 

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