Motospia

Zero Motorcycles, quando la burocrazia italiana esagera

La prima parola che viene in mente sentendo parlare Josef Morat, Regional Manager – Southern Europe – Middle East and Africa di Zero Motorcycles BV è amarezza.

 Perché il Belpaese sta rivelando una propensione particolare a creare ostacoli all’azienda per cui lavora, ma non solo, a tutto il mondo delle moto elettriche

Il primo step, l’immatricolazione, è la prima complicazione. Quella che per molti è una semplice formalità, la consegna di due documenti, per Zero Motorcycles è un’autentica impresa: al C.O.C. (attestazione di omologazione europea) ed alla richiesta di omologazione (necessaria perché Zero non ha sede legale in Italia) devono aggiungere una autocertificazione relativa al pagamento dei dazi. Ma questa certificazione alle motorizzazioni arriva già in automatico al momento dell’arrivo delle moto a Rotterdam dagli USA. Però per qualche motivo ancora non chiaro, forse per pigrizia degli impiegati delle motorizzazioni o per la loro scarsa conoscenza dell’inglese, queste certificazioni non sono mai disponibili quando bisogna immatricolare le moto, da qui la necessità dell’autocertificazione. A quest’elenco bisogna aggiungere copia del modello F24. Nessun problema, tramite Home Banking si ottiene in 24/48 ore circa. Nessun problema, davvero? Mica tanto,  sono altre 24/48 ore perse!

 

In Zero non sanno più che pesci pigliare, vendere in Italia significa sostenere degli aggravi di costo significativi. I 10 concessionari italiani sono scoraggiati, per chi più e chi meno vendere una Zero significa tante seccature e perdite di tempo. Ovviamente non per tutti è uguale, alcune motorizzazioni sono informate e si interessano, in alcuni casi si parla di settimane e non mesi per le immatricolazioni. I clienti, che con molta fatica la Casa americana riesce a convincere decisamente non apprezzano.

È paradossale pensare che se acquistassi oggi una Zero da immatricolare potrei averla in garage ad estate inoltrata, se non addirittura a fine stagione. Un’alternativa a questa ecatombe per Zero potrebbe essere aprire una sede italiana. Uffici, personale, organizzazione… Però aiuterebbe la questione delle immatricolazioni: una volta aperta la sede/nominato un importatore ufficiale si potrebbe richiedere il codice antifalsificazione al Ministero dei Trasporti e con esso immatricolare senza noie, vedi BMW ed Energica. Ma il problema è tutto italiano: Zero Motorcycles non ha società in nessuno dei paesi della Comunità Europea, ma in nessun paese ha i problemi che incontra da noi dove i responsabili delle Motorizzazioni provinciali interpretano i regolamenti a piacere.

Invece le cose sono tutt’altro che così semplici. Anzi, addirittura in sede di omologazione spesso gli sono stati contestati i C.O.C. ovvero gli attestazione di omologazione europea! Anche qui, in Zero Motorcycles non si sono arresi ed hanno richiesto il Codice Omologativo Italiano. Per ottenere tale codice bisogna portare ogni famiglia di modelli (Tipo Omologativo, tecnicamente) a fare un controllo ministeriale, così da ottenere un doppione del C.O.C. che costa diverse migliaia di euro. Considerando che attualmente le famiglie di modelli Zero sono cinque, il danno è ENORME.

Mai enorme quanto l’alternativa che gli è stata prospettata quando hanno cominciato a rifiutare i C.O.C.: omologare ogni singola moto come esemplare unico. Revisione preventiva di ogni moto e pratiche burocratiche impegnative sconsigliano tale procedura già per chi ha effettivamente un esemplare unico da immettere in circolazione, figuriamoci un’azienda leader mondiale nelle motociclette equipaggiate con motore elettrico che vende un paio di moto ogni settimana e magari a breve potrebbe arrivare a venderne una al giorno!

Il lato ridicolo della questione è che la certificazione europea è già valida a tutti gli effetti per tutti i paesi dell’Unione, praticamente a Zero Motorcycles viene richiesta una certificazione della certificazione. In un caso (fortunatamente isolato, per ora) si è arrivati addirittura all’interruzione di pubblico servizio: di fronte alle rimostranze del concessionario il dipendente della motorizzazione ha fatto spallucce e ha detto: “Massì, ma tanto è solo una moto elettrica…!”.

Per dovere di cronaca va detto che contrapposte alle motorizzazioni che impiegano settimane ci sono anche quelle virtuose, come ad esempio quella di Verona. In pochi giorni lavorativi le moto sono in strada, a dimostrazione del fatto che con un po’ di buona volontà immatricolare ste benedette Zero è tutto tranne che impossibile.

E non è tutto. Per avere l’ok della motorizzazione bisogna versare l’IVA, quindi avere a che fare con l’Agenzia delle Entrate. Le intromissioni di questo ente cominciano ad essere difficili da contare, e per i più disparati motivi. Una immatricolazione è stata bloccata perché secondo l’A.d.E. il cliente (privato) non poteva permettersi il veicolo che stava acquistando. Per ora è un caso isolato, quelli che sono frequenti in modo preoccupante sono invece gli stop imposti alle immatricolazioni destinate ai concessionari. Dato che l’acquisto delle Demo Bike è praticamente obbligatorio, vista l’innovatività del prodotto, Zero Motorcycles offre condizioni economiche particolarmente vantaggiose ai suoi dealer. Vantaggi che gli si ritorcono contro, perché secondo l’A.d.E. il valore dichiarato è troppo basso rispetto a quello effettivo, e quindi si tratterebbe di evasione. A nulla serve spiegare che sono Demo Bike, che sono condizioni economiche particolari, che senza tali accordi non potrebbero lavorare: per l’Agenzia sono irregolarità. Uno dei dealer ha preso appuntamento con il direttore della Agenzia competente per la sua città ed ha richiesto come potessero sistemare la cosa. Nessun risultato, il direttore gli ha confermato che non è in regola, ma non ha saputo sostenere la tesi con l’indicazione delle norme violate. Risultato? Altra perdita di tempo per il dealer, che alla fine pur di immatricolare la moto si è visto costretto a pagare l’IVA sul valore di listino della moto.

Il nostro paese ha saputo distinguersi, come al solito, anche al momento dell’entrata in vigore dell’obbligo di immatricolazione di veicoli di classe anti-inquinamento in regola con la normativa Euro 4, ad inizio 2017. Nonostante tutta la produzione Zero Motorcycles fosse già in regola con gli allestimenti obbligatori (luci sempre accese, catarifrangenti laterali, ABS) e fosse sprovvista di motori termici, l’azienda è stata costretta ugualmente a dichiarare quanti modelli Euro 3 avesse ancora a magazzino con tanto di elenco di numeri di telaio, ma soprattutto ad omologare nuovamente tutta la gamma.

E se a questo aggiungiamo la difficoltà a trovare sulle nostre strade stazioni di ricarica ci viene lecito pensare che manchi la volontà a diffondere quello che sarà la propulsione del futuro, in attesa che anche la Fiat si adegui, perchè siamo certi che quando ciò avverrà sorgeranno colonnine come funghi dopo un temporale.

Potrebbero sembrare comiche, ma sono tutti fatti accaduti a conferma che il nostro è un Paese che non vuole innovare, un Paese anziano che oggi sembra voler cambiare rotta, e speriamo che il nuovo Governo risolva anche queste piccole questioni facili facili e non si perda in redditi di cittadinanza e altre roboanti promesse elettorali, adesso è il tempo del fare.

 

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