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Yamaha Tracer GT 900 promossa, Dunlop D222 bocciate!

Yamaha Tracer GT

Il giudizio di un motociclista esperto dopo aver percorso 17.000 km in sella alla sua Yamaha Tracer GT 900. Difetti: sella migliorabile, forcella rumorosa, cruise control utile ma va a intermittenza, gomme Dunlop D 222 di primo equipaggiamento da “spavento”. Pregi: ottimo motore, bella guida, consumi ridotti.

Dopo 9 mesi di convivenza e 17.000 km percorsi sulle strade del Meridione d’Italia, è tempo di fare un bilancio e raccontare la mia esperienza con la Yamaha Tracer 900 GT my 2018. Le conclusioni valgono anche per il modello 2019, visto che gli aggiornamenti sono esclusivamente cromatici. Per inquadrare correttamente le parole che seguono, mi tocca infliggere un minimo di sofferenza sotto forma di racconto del mio background e dei motivi della mia scelta.

Vivo in Sicilia occidentale, in una piccola città con il traffico degno di una metropoli, per cui tutte le sofferenze che si è grati di avere (lavoro, figli da scodellare in giro per scuole, palestre e case di amici) vengono caricate sulle volenterose spalle di uno scooter Honda SH 125i. Alla moto resta la parte piacevole, ossia le escursioni su strade extraurbane, mediamente da 150 o 200 km, occasionalmente la giornata in sella da 700 km o la vacanza breve fuori dall’Isola.

yamaha tracer gt

Venendo da quasi tre anni e 52.000 km su una piccola Honda CB 500 X my 2015 (di cui non posso dire che bene), desideravo una maggiore comodità, un motore più frazionato e potente, le manopole riscaldabili, la capacità di carico e praticità data dalle borse. Volevo soprattutto non perdere troppo in maneggevolezza, che dalle mie parti si traduce in divertimento molto più di quanto non facciano i cavalli alla ruota.

Anticipo che l’obiettivo è stato raggiunto, ma vediamo come, in maggiore dettaglio.

La Yamaha Tracer GT 900 non ha bisogno di presentazioni: la base è la tricilindrica crossover Yamaha venduta in decine di migliaia di esemplari. Nel 2018 la Casa di Iwata le ha affiancato la sua interpretazione in chiave granturismo (da cui la sigla della versione), approfittando dell’occasione per un restyling che ha interessato non soltanto l’estetica, ma anche le quote ciclistiche. Infatti, è stato significativamente allungato l’interasse, mirando a conferire maggiore stabilità ad una moto di cui numerosi utenti lamentavano lo scarso rigore direzionale alle alte velocità.

È stata inoltre ridotta drasticamente la larghezza del manubrio, grazie a paramani ridisegnati. La declinazione GT è dotata, a fronte di un sovrapprezzo nel complesso accettabile, di sospensioni di migliore qualità e più efficaci, con una pratica manopola di regolazione del precarico del mono. Fanno inoltre parte della dotazione di serie: un quickshifter (che però non prevede la scalata), la strumentazione a colori con schermo TFT, le manopole riscaldabili, il cruise control e due borse da 22 litri, simmetriche e ottimamente integrate nell’estetica della moto.

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Regolazione remota del precarico dell’ammortizzatore.

Posizione di guida buona, ma quella sella spinge troppo in avanti.

La posizione di guida mi è congeniale ed è favorita da una triangolazione confortevole per i miei 189 cm, con la sella regolata sulla posizione più alta delle due disponibili. Togliamoci il dente subito: la sella non raggiunge la sufficienza. Anche se accogliente e correttamente imbottita, è fortemente inclinata in avanti, spinge verso il serbatoio e vanifica qualsiasi tentativo di variare la posizione in maniera duratura, garantendo un indolenzimento sulle percorrenze medie e lunghe. Niente a cui non si possa ovviare ma mi piace tenere le moto come escono dal concessionario e avrei gradito una seduta più comoda dall’origine.

La sella del pilota non è comoda come dovrebbe.

Il parabrezza è regolabile su due posizioni e, seppure non offra una protezione da vera granturismo, ha il pregio di non creare fastidiose turbolenze, come quelle che qualche anno fa mi hanno esasperato sull’ultimo modello di Suzuki V-Strom 1000. Facendomi alla fine arrendere all’estetica discutibile ed all’assoluta efficacia di un cupolino GiVi AirFlow.

Strumentazione funzionale, ma le indicazioni sono troppo ottimistiche. Sia per la velocità che per quanto riguarda il carburante residuo… Fate attenzione!

La strumentazione a colori è bella e funzionale, in parte personalizzabile nei contenuti e dotata di un sensore che rileva la luminosità dell’ambiente e ne varia la configurazione di base fra una variante a dominante chiara, intensa per il giorno, ed una a dominante scura, più adatta a situazioni con limitata luce ambientale. Si comanda tramite una rotella sul blocchetto destro, un po’ troppo distante dalla manopola anche per me che non ho le mani piccole. La rotella comanda, tramite menu, anche l’accensione ed il settaggio delle manopole riscaldabili, per le quali sarebbe stato gradito un pulsante dedicato.

Tornando alla strumentazione, fra i dati costantemente visualizzati c’è la mappatura impostata, il livello del controllo di trazione (che può essere disinserito), la temperatura dell’aria d’aspirazione (non di quella ambiente). Attenzione quindi, perché dopo una breve sosta l’indicazione della temperatura è falsata dal calore del motore e torna veritiera solo dopo alcune centinaia di metri dopo la ripartenza. Niente di grave, così come l’errore del tachimetro, piuttosto elevato con il suo quasi 10% di scarto.

L’indicazione del livello del carburante non cambia in modo lineare con il consumo.

In mancanza di un indicatore dell’autonomia residua, risulta meno digeribile l’errore nel conteggio del carburante consumato. Si attesta fra il 10% ed il 13% ed è un errore per difetto, per cui porta a sottostimare i consumi e sovrastimare l’autonomia, con un potenziale rischio di restare a secco. Fra le scelte poco comprensibili, quelle dell’indicatore livello carburante: il primo segmento si spegne solo quando si sono consumati circa 8 liltri, quindi a metà serbatoio. Il segmento successivo si spegne dopo aver consumato un ulteriore litro. Perché non un’indicazione lineare, tanto più facile da rappresentare con la definizione di uno schermo TFT? Mistero.

È presente l’indicatore del rapporto inserito, così come il contagiri sotto forma di banda colorata, che passa dal nero di base al verde e quindi all’arancione. I regimi a cui avviene la variazione di colore sono parzialmente personalizzabili ma, con la mia guida, ho visto il verde raramente e l’arancione giusto un paio di volte e solo per curiosità da bambino, essendo più che sufficiente la spinta del tricilindrico ai bassi regimi.

Scopri che la Yamaha Tracer GT 900 ha una guida divertente e che puoi affrontare le curve solo dopo aver sostituito le Dunlop D222 di primo equipaggiamento.

La guida della Yamaha Tracer GT è un vero piacere su tutti i percorsi, ne sono molto soddisfatto. Almeno dopo la sostituzione delle Dunlop D222 di primo equipaggiamento, senza dubbio fra le gomme peggiori mai utilizzate. Non volendo cambiarle subito, ho cercato di sfruttarle ma ho guidato migliaia di chilometri vedendo davanti agli occhi il mio necrologio ad ogni inserimento in curva. Si sono comportate decentemente solo sull’asfalto dell’Etna e su quello sardo, soprattutto quello della SS125. Ma lì non credo esistano gomme in grado di esprimere poco grip.

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In tutte le altre situazioni, la sensazione media in curva era una sorta di cauto terrore. Passato alle Pirelli Angel GT II, il mondo è diventato bello, le strade amiche, la vie en rose. Faccio cose mai tentate prima, tipo le curve…senza la sgradevole sensazione di stare per mancare ai miei cari. Sulle strade mal tenute della Sicilia occidentale, le sospensioni di migliore qualità svolgono egregiamente il loro lavoro, regalando sicurezza e comfort anche alla mia schiena in cui i dischi intervertebrali sono un concetto evaporato.

La forcella è rumorosa, ma dicono sia normale così…

Un appunto va alla forcella che, su diverse sconnessioni e talvolta anche sui dossi rallentatori affrontati a velocità molto moderata, fa un fastidiosissimo rumore. Una specie di “clonk” metallico, simile a quello che farebbe il cannotto di sterzo non correttamente serrato. In effetti, a dare ascolto a Yamaha, il rumore viene dalle boccole della forcella che svolgono il loro compito in piena efficienza.

Onestamente, in 17.000 km il fastidio è stato solo acustico e non è peggiorato rispetto al primo giorno. Ho provato diversi escamotage per limitare questa seccatura e, nel caso di ostacoli visibili, risulta efficace azionare leggermente il freno anteriore prima di affrontarli, come a precaricare la forcella prima dell’ostacolo. Poi ho trovato la soluzione definitiva: i tappi nelle orecchie! Nulla di grave, ma l’impressione che dà, in questo caso, non è proprio da moto giapponese di categoria elevata.

Una moto maneggevole ma senza essere mai nervosa.

La guida, come accennato, è piacevolissima. La ciclistica è sincera e comunicativa, la moto è estremamente maneggevole per la categoria, pur senza essere nervosa. Il peso è limitato e poco percettibile anche a pieno carico. Il motore è l’attore principale: regolarissimo fin dai minimi regimi, elastico, con una bella schiena che introduce a medi corposi e ad un allungo degno di un quadricilindrico. Il tutto con una colonna sonora gratificante, rauca e leggermente metallica ai bassi, in evoluzione verso toni alti fino all’acuto da tenore delle zone arancio del contagiri. Ma questo corrisponde a velocità che raramente mi vedono protagonista.

Il mio utilizzo è turistico, la moto è una sorta di psicoterapia con la quale scarico le tossine della vita quotidiana e mi ricarico, vedendo la bellezza che mi circonda. Frizione e cambio sono ottimi, il secondo soffre leggermente del mio perverso gusto per i bassissimi regimi. Non che s’impunti ma, soprattutto a freddo, la fluidità ottimale si ha dai 4.000 giri in su. Il quickshifter è funzionale e si può utilizzare a partire da 2.400 giri. Onestamente l’ho usato pochissimo e non ho appunti da muovere, ma posso dire serenamente che potrei vivere senza.

Prendevo in giro chi aveva il cruise control. Ora che l’ho provato sulla Yamaha Tracer GT non saprei farne a meno. Ecco perché il suo malfunzionamento è un cruccio.

Quello di cui invece non farei più a meno è il cruise control. Non è facile per me ammetterlo. Perché prima quasi prendevo in giro chi lo aveva, pensando che il tenere la mano destra in carico dell’acceleratore e del mantenimento della velocità di crociera fosse naturale e non avesse bisogno di aiuti. Faccio qui pubblica ammenda del mio errore di valutazione. La comodità di poter staccare la mano destra senza bisogno di aspettare una discesa è enorme, permette una maggior libertà di movimento in sella (la schiena ringrazia), permette di subire meno le pur limitate vibrazioni che raggiungono il manubrio. In tratti di strada controllati da autovelox, permette di dedicare la propria attenzione alle insidie del traffico, sicuri di non superare il limite.

Insomma, pensavo di utilizzarlo solo in autostrada, invece mi trovo ad inserirlo spesso e volentieri anche sulle statali, basta che non ci sia traffico ed il rettilineo sia abbastanza lungo.

Per quanto appena detto, l’occasionale malfunzionamento del dispositivo, annotato fra 12.000 e 16.000 km, mi ha abbastanza infastidito. La spia arancione che col cruise control inserito e pronto all’utilizzo sta accesa costantemente, prendeva a lampeggiare velocemente e le funzioni non erano utilizzabili. Il problema rientrava se si spegneva il motore con la chiave, quindi chiudendo il contatto. Dopo il reset, funzionava di nuovo…fino al ripresentarsi del malfunzionamento.

Da un migliaio di km – faccio i debiti scongiuri – la seccatura non si è più manifestata. Per cui suppongo che fosse da imputare a qualche sensore sporco. In ogni caso, vedremo cosa dirà la diagnosi al prossimo tagliando dei 20.000 km.

Il concessionario, che è Alberti di Trapani, è sempre andato oltre le mie (elevate) aspettative in termini di efficienza e di disponibilità, per cui lo cito con molto piacere.

I freni sono all’altezza delle prestazioni, con un buon mordente ed un attacco pronto, che tuttavia non mette in difficoltà. L’ABS, sull’asfalto viscido che è purtroppo il mio pane quotidiano, è un alleato di cui non farei più a meno. Diverse volte ha mostrato di funzionare in maniera ineccepibile ma non invasiva. Nota positiva anche per l’impianto d’illuminazione, che rischiara bene la strada e garantisce una piacevole e sicura guida notturna. Volendo esprimere un desiderio, gradirei un fascio luminoso appena più diffuso. E le cornering lights che funzionano così bene su altre moto di fascia alta, però dotate di piattaforma inerziale.

Sono soddisfatto dei consumi. Al mio ritmo vado dai 24 ai 28 km/litro.

Ottimo il risultato che ottengo sui consumi. Ovviamente anche grazie al fatto che non utilizzo la moto su percorsi urbani e che ho una guida estremamente fluida. Una guida che privilegia i rapporti alti ed i bassi regimi. Anche se non è il mio obiettivo, di fatto sono un Economy Run Man! In estate il mio consumo medio è intorno ai 26 km/l, con punte di 28. In inverno, la media si sposta intorno ai 24. Considerata la cilindrata e la potenza a disposizione, sono veramente soddisfatto.

Come termine di confronto, con la Honda CB 500 X ottenevo valori compresi fra 29 e 35 km/l. Ma la cilindrata era pressoché dimezzata e la potenza circa un terzo! Ad oggi, nessun consumo apprezzabile di olio. La trasmissione finale ancora in buono stato, con la catena senza maglie grippate nonostante l’esame visivo riveli che qualche O-Ring sia passato a miglior vita.

Il mio giudizio sulla Yamaha Tracer GT è complessivamente più che positivo, le poche ombre descritte non offuscano un quadro decisamente luminoso. Vedremo cosa porterà il prosieguo della convivenza ma, al momento, non ho esigenze insoddisfatte oppure fastidi tali da fare balenare l’idea di una sostituzione. Se dovessi cambiare, sarebbe soltanto perché la Tracer 900 GT è…più di quello che mi serve per essere motociclisticamente felice. Ma quella è una finestra sulla filosofia del downsizing e non abbiamo bisogno di aprirla oggi.

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