Motospia

Un milione di chilometri – capitolo 9

Un milione di chilometri APRILIA PEGASO CUBE 650

CAPITOLO 9

CAGIVA ELEPHANT 900 KM 24.500

Se prendete il motore dell’ ST2 che mi era piaciuto assai, ci aggiungete la postura da maxi enduro, che avevo compreso essere la mia e condite col fascino della Dakar esce fuori la Cagiva Elephant 900, stesso vigoroso motore ma finalmente ci stavo comodo e soprattutto ci stavo dentro.


La Cagiva, pur disponendo di tanti assi, non giocò bene la sua partita e venne fuori una moto che tecnicamente ed emozionalmente non aveva nulla da invidiare alle altre, ma sul piano delle finiture e dei particolari lasciava molto a desiderare. Il telaio a traliccio era un’ opera d’ arte ma il cilindro posteriore, a corto di aria fresca, si mangiava un bel po’ d’ olio. Il cruscotto sembrava d’ epoca, l’ orologio e le spie erano praticamente invisibili mentre la riserva era a dir poco ballerina e dispotica ché si accendeva a suo piacimento.

La meccanica mutuata dal primo Monster era un po’ ruvida, come le Ducati di quel periodo, forse anche troppo, dato l’ indirizzo enduro che avrebbe dovuto avere ma in compenso la ciclistica si rivelò efficacissima, come da tradizione italiana. Il risultato fu che, non solo ora guidavo bene, ma ero diventato discretamente funambolico: l’avantreno si impennava col pensiero e i traversi all’uscita da certe curve stavano pericolosamente divenendo la norma con somma gioia del mio gommista.
Di sicuro non penso alla mancanza del cavalletto centrale né ai suoi perfettibili freni quando, di tanto in tanto, mi torna in mente e riaffiora il desiderio di averne una nel garage ancora oggi. Dopo la parentesi sport-touring tornai con lei,alle mie immancabili divagazioni fuoristradistiche mentre su strada sentivo di andar sempre più affinando il mio stile di guida, grazie alla comunicatività della sua ciclistica.
Il bicilindrico dava il meglio di sé ai medi regimi e guidare come stavo iniziando a fare in quel periodo cioè prediligendo la costanza, sembrava quasi obbligatorio per sentirlo sempre cantare a tono, senza sbavature.
La ritirai a Novembre pur sapendo che così facendo la condannavo per pochi giorni ad un anno in più e lei si rifece su di me con una inaspettata quanto deludente perdita di benzina, già nel pomeriggio del suo primo giorno di vita e la rabbia non fece che aumentare quando mi trovai a tornare a casa dal concessionario con un misero cinquantino di cortesia.
Quell’inverno fu particolarmente freddo e in mancanza di grandi viaggi mi salvai da grandi congelamenti!
A Pasqua, in luogo del solito Parigi in 3 giorni, programmai un Parigi + Mont S. Michel in 4 giorni; praticamente la follia elevata ad in livello ancora più alto.
Il team si presentava composto da mio fratello ed un suo amico su BMW RT 1100 e da me e lo sfortunato passeggero del Capodanno a Zurigo in Pegaso, di qualche anno prima. Qui i ricordi si fanno un po’ vaghi per via degli anni tranne che per l’ urlo di dolore che cacciò il mio amico quando, alle 22.00 mentre salivamo verso la galleria del Bianco, a causa del freddo intenso che lo stava attanagliando, mi implorò di fermarmi.
Facciamo una sosta al benzinaio prima della galleria e comprendo esattamente il suo malessere quando nel bagno lo troviamo a piedi nudi che asserisce che il pavimento è caldo e che lui sta tornando alla vita grazie a quel tepore. Niente di strano se non fosse che il pavimento non era affatto riscaldato e che altri 5 minuti l’ ipotermia l’ avrebbe fatto suo!
Non ci rimane che fargli cambiare le calze e coprire le bagnatissime scarpe da ginnastica con sacchetti di plastica ma sarà solo grazie alla montagna che, facendo da scudo alla perturbazione, troveremo la Primavera sul suolo francese. Alle 17.00 siamo ancora nei dintorni di Parigi e arriviamo al B&B in Normandia che oramai è sera. Il mattino seguente visitiamo Mont S. Michel e alcune spiagge dove si compì lo sbarco degli alleati e nonostante la fretta riusciamo a cogliere lo spessore degli accadimenti e il valore che comporta calpestare quel suolo dove tantissimi giovani si sacrificarono per la nostra libertà.
Dopo delle inquietanti ma alla fine apprezzate, “cozze al latte”, ci spostammo nella capitale francese per l’ ultima notte prima del ritorno a casa in un’unica tappa.
L’ inverno era trascorso nel solito tran tran di km sparsi qua e là nel circondario ma la cavalcatura di mio fratello (con l’RT era pure messo meglio di me) fungeva da stimolo ed inizio a pensare di ritornare in Scandinavia, ma questa volta coinvolgo un amico con GS 1100.
E’ Primavera e si parla di salire in 5 con 3 moto, si sta delineando un team niente male e anche se dubito che alla fine partiremo tutti, l’ esperienza mi sta facendo immaginare un viaggio diverso dagli altri.
Questa volta non percorrerò all’andata e al ritorno la stessa tratta ma salendo farò la Finlandia e scendendo toccherò Bergen…

 

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