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Perché l’Aprilia non è al posto della KTM? Due marchi con storie sportive e commerciali molto simili. Ma destini diversi

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KTM è oggi, in pista e sul mercato, quello che Aprilia è stata fino a dieci-quindici anni fa. E secondo noi ha potuto crescere così proprio grazie allo spazio lasciatole da Aprilia. Perché l’azienda veneta ha progressivamente ridotto gli investimenti mentre KTM ha sempre puntato alla crescita. Ma dietro a questo “cambio della guardia” Ci sono anche scelte strategiche che oggi appaiono chiaramente sbagliate.

Le recenti vittorie della KTM in MotoGP (e anche le 280.000 moto che la Casa austriaca vende nel mondo ogni anno) ci portano ad una riflessione: lì, in pista e sul mercato, al posto delle moto arancioni dovevano e potevano esserci le Aprilia!

Già, perché i due marchi (molto più giovane Aprilia) hanno battuto spesso gli stessi terreni di caccia, in pista e sul mercato. Ma a causa di una classica situazione da “sliding door”, nell’ultima occasione si sono incontrate sull’uscio di una porta da cui Aprilia usciva e KTM entrava. E il risultato delle loro scelte di quel periodo (diciamo più o meno dieci-quindici anni fa) è sotto gli occhi di tutti oggi. 

Aprilia partì dal fuoristrada, ma entrò per prima nel Mondiale Velocità.

Aprilia è nata nel fuoristrada negli anni ’70, regno di KTM, che nel fuoristrada è rimasta molto più a lungo e più proficuamente. Ma dagli anni ’90 e fino al 2011 (ultimi titoli mondiali piloti e costruttori in 125), la Casa veneta è stata molto più forte sul mercato delle stradali e dominava nelle due serie minori del Mondiale Velocità. La 125 GP e 250 GP erano i suoi terreni di caccia privati. Ed era riuscita a mettere al tappeto i colossi giapponesi anche in Superbike nel 2010, 2012 e 2014 (quando KTM rimediava brutte figure con la RC8). Senza contare infine gli allori nella Supermoto dal 2004 al 2011 con la SXV. 

Aprilia in quel periodo, grazie a questo suo dominio tecnico, coltivava piloti sin dalle serie minori dei campionati nazionali, li faceva crescere e portava i migliori a vincere nel mondiale. Unico cruccio i tanti soldi spesi in MotoGP nel biennio 2002-2004 (proprio quando l’azienda di Ivano Beggio prese una brutta china dal punto di vista finanziario) senza risultati. 

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Ivano Beggio.

Questa epoca d’oro nelle corse ebbe il suo riflesso anche sul mercato. Aprilia era diventato per antonomasia il “marchio giovane” per i giovani. Fino alla fine degli anni ’90 vendeva scooter e 125 tanto da stancarsi di contare i soldi. Ed usò parte di quei profitti per crescere come azienda e arrivare sul mercato anche con eccellenti proposte nelle medie e maxi cilindrate. Stradali e fuoristrada. Insomma, un circolo virtuoso gare/produzione che per Aprilia come azienda ha funzionato molto bene più o meno fino all’inizio del nuovo secolo. E si è esteso fino almeno al 2011 per il reparto corse nel Mondiale.

Il declino iniziò quando Dorna decise di introdurre Moto2 e Moto3.

Poi Dorna decise di rivoluzionare il regolamento, passando dai due tempi ai quattro tempi anche nelle classi minori. E questa, dal punto di vista sportivo, è la sliding door di cui parlavamo. Il Gruppo Piaggio guidato da Roberto Colaninno e dai suoi manager (che nel 2004 aveva acquisito controvoglia l’Aprilia in difficoltà finanziaria), decise di non investire nelle nascenti Moto2 e Moto3, nonostante i tecnici del reparto corse (già decimato rispetto all’epoca d’oro) scalpitassero per poter entrare anche nelle due nuove categorie e pare avessero già i progetti pronti nei loro cassetti. 

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Roberto Colaninno.

Al contrario, KTM, che aveva timidamente approcciato il mondiale velocità dal 2003 al 2009 nella 125 e nella 250 dal 2005 al 2008, ottenendo solo un titolo costruttori 125 nel 2005 e qualche sporadico podio, decise, nel 2012, di investire nella neonata Moto3. E cominciò subito a dominare. Poi dal 2017 si è impegnata pure in Moto2. E anche lì sono arrivati subito buoni risultati. KTM, insomma, non ha fatto altro che replicare la storia di Aprilia, dieci anni più tardi, seguendone l’esempio. Anche investendo da subito sui giovani piloti, allevandoli nella Rookies Cup. Non è un caso, quindi, se oggi in MotoGP i vari Brad Binder, Miguel Oliveira, Pol Espargarò e Iker Lecuona riescano ad essere protagonisti.

Destini incrociati sulle piste, ma anche sul mercato.

Insomma, tutto questo per dimostrare che i destini di KTM e Aprilia si sono incrociati sulle piste. Con KTM che ha saputo riempire tutto il vuoto creato dalla decisione di Aprilia di abbandonare un terreno in cui dominava. E KTM non ha dovuto fare alcuno sforzo di immaginazione. È bastato copiare un strategia già scritta!

E, per la proprietà transitiva, siamo sicuri che è anche grazie a questi investimenti nelle corse che si sono creati i presupposti perché KTM riuscisse ad andare a prendersi sul mercato tutti gli spazi via via trascurati da una Aprilia in difficoltà economiche. Così, mentre Aprilia si concentrava sulle maxi (V2 e V4), ma tendeva pian piano ad affievolirsi senza l’immagine vincente delle corse, KTM cresceva lavorando dal basso. Fu la mossa vincente che poi le ha permesso negli anni di ricalcare la crescita di Aprilia (e oggi, gli va riconosciuto il merito di essere andata pure ben oltre nei numeri, diventando il primo costruttore in Europa) anche nelle medie e maxi cilindrate.

Quando KTM entrò nel mercato delle stradali, l’Aprilia era di un livello superiore.

Ma chi ha vissuto l’intera storia, non può non ricordare che quando KTM si affacciava timidamente nel mercato delle stradali con le prime Duke 400 e 620, Aprilia aveva già da tempo fatto contenti concessionari e utenti con le Touareg e le Pegaso, aveva una dimensione industriale nobilitata dagli accordi con BMW E aveva già nel cassetto la RSV 1000, il cui motore V2 diede poi vita ad una gamma completa di moto stradali, naked, sportive e adventure/touring. Ed è fuori di dubbio che le Aprilia erano decisamente più affidabili, efficaci, e meglio costruite di tutte le KTM arrivate più avanti negli anni 2000. Insomma, anche sul mercato, così come nelle corse, Aprilia aveva un vantaggio tecnico e stilistico inestimabile nei confronti di KTM. Vantaggio che ancora vive nelle varie Tuono ed RSV4, simulacri di una grandezza non più riconosciuta.

Fa tristezza quindi vedere oggi che entrambi i vantaggi (sulle piste e sul mercato) sono stati dilapidati. E con la storia sportiva che Aprilia ha alle spalle non si può accettare a cuor leggero che ormai sia rimasta l’unico costruttore ad avere ancora diritto alle concessioni in MotoGP. 

La sala macchine è stata riaccesa. Ma quanto costerà ora risalire la china in pista e sul mercato?

Oggi per fortuna, sembra che in Aprilia qualcuno abbia cominciato a capire il grande errore che è stato commesso tanti anni fa. L’arrivo della RS 660 (e di tutti i modelli che seguiranno) e l’istituzione del monomarca RS 250 GP sono due piccoli ma importanti segnali di un cambiamento di rotta. O, ad essere più chiari, di una sala macchine che è stata riaccesa. Ma nel frattempo KTM vende 280.000 moto all’anno in uno spazio che Aprilia ha lasciato libero per scelta. 

E riconquistarlo costerà ad Aprilia il doppio di quanto speso da KTM, che a sua volta ha speso il doppio di quanto avrebbe speso Aprilia se solo avesse continuato sulla strada già tracciata… 

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