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Perché è stato rinforzato il telaio sulla Ducati Panigale V4?

La splendida Ducati Panigale V4 è entrata subito nel cuore degli appassionati. Moto meravigliosa, velocissima e coinvolgente. Ma, come tutti i prodotti rivoluzionari rispetto agli standard di uno specifico produttore, ha avuto subito bisogno di qualche modifica.

Rinforzato il telaio della Ducati Panigale V4! Anche se non dichiarata, questa modifica è stata apportata su tutta la produzione V4 già dalla fine del primo anno di produzione.

Un prodotto nuovo che esce dai binari consolidati delle esperienze e delle conoscenze radicate in un’azienda, immancabilmente avrà bisogno di qualche ritocco nelle versioni successive. A parte casi clamorosi, in cui le criticità sono così evidenti da costringere a correggere il tiro immediatamente.

Tutti i costruttori del mondo (auto e moto) hanno dovuto fare i conti, prima o poi con questa legge non scritta.

Nel caso della Ducati Panigale V4 sembra che il punto “debole” della prima versione si sia dimostrata essere il telaio. O meglio, la struttura anteriore in alluminio ricavata per fusione che collega tutto l’avantreno al motore portante.

Il telaio della prima versione, senza rinforzi.

La curiosità nata dai rumors del web

Nel corso del 2018 abbiamo letto su diversi forum di appassionati di qualche problema lamentato da possessori dei primi esemplari. Qualcuno si era lamentato anche di cadute improvvise in rettilineo a velocità moderate con danni ingenti (fra cui il telaio spaccato in più punti) senza spiegazioni convincenti deducibili dalla dinamica dell’incidente. 

Incuriositi da questi rumors, abbiamo svolto una piccola indagine e siamo venuti a sapere che in effetti a partire dalla fine del 2018 quel particolare tecnico ha subito delle modifiche: nella fusione dei due gusci che compongono la struttura anteriore del telaio sono oggi presenti delle fazzolettature di rinforzo che non sono visibili a moto assemblata.

Questa modifica non ci risulta che sia stata dichiarata dal costruttore. Non che questo sia una novità. I costruttori non dichiarano sempre tutte le modifiche che apportano ai loro modelli, specialmente se queste modifiche non sono visibili. E questa si vede solo se si smontano carena e serbatoio.

Di solito non si cambia subito un particolare così importante.

Però le modifiche vengono dichiarate e sbandierate quando portano dei miglioramenti fra una versione e l’altra. E vengono nascoste quando invece servono a correggere eventuali difetti. 

Inoltre, riflettendoci bene, quando viene introdotto un nuovo modello, non è assolutamente di prassi cambiare la struttura del telaio e/o di componenti importanti dopo meno di un anno di produzione. Il ciclo di vita media di una moto sportiva è di 3-4 anni, nel corso dei quali si cambiano al massimo colori e grafiche ogni anno e si aggiungono versioni speciali (come successo nel 2019 con la V4R). 

Quindi, il sospetto che nella prima serie del telaio ci fosse qualcosa da correggere può essere fondato.

Ma la domanda è: cosa succederà a chi ha comprato la moto appena uscita? Dovrà tenersi il telaio senza modifiche?

Perché non ci risulta che sia stata data alcuna comunicazione al riguardo ai possessori dei primi esemplari.

In passato altri modelli hanno avuto problemi appena immessi sul mercato.

In passato nel nostro settore abbiamo registrato casi clamorosi, come quello della BMW K 1200 RS di fine anni ’90, che per il costruttore tedesco era all’epoca un salto nel buio nel campo delle sportive quattro cilindri…
Moto ritirata dal mercato poco dopo aver consegnato i primi esemplari ai concessionari di tutta Europa e clienti che dovettero riconsegnare le moto già comprate. La BMW ne uscì alla grande immatricolando una moto sostitutiva nuova a scelta del cliente fra tutte le altre del catalogo BMW, in attesa che i tecnici capissero quale era il problema tecnico (si rompevano i motori). Risolto il problema, tutti riebbero la moto con il motore nuovo e divennero clienti ancor più fedeli per il trattamento principesco che gli fu riservato.

Più o meno nello stesso periodo, ricordiamo quanto successo con la Suzuki TL 1000 S: una bicilindrica sport touring con la quale i giapponesi cercarono di attaccare il feudo Ducati. Grandissimo motore, ma una ciclistica sopra le righe, con un ammortizzatore posteriore non convenzionale che fu definito “rotativo” per il particolare funzionamento. Si scoprì presto che quell’ammortizzatore era il probabile responsabile di una guida che in particolari condizioni (accelerazioni su fondi sconnessi) poteva soffrire di reazioni violente e poco controllabili. Ci furono diversi casi di strane cadute in tutta Europa, poi l’anno successivo l’ammortizzatore fu modificato, e infine quella moto scomparve in breve tempo dal listino di molti importatori…

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