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Milano e Tokyo: Saloni (e pubblico) a confronto

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L’episodio occorso allo stand Suzuki di cui vi abbiamo scritto nei giorni scorsi, ci dà lo spunto per raccontarvi quanto siamo diversi noi italiani dai giapponesi. E quanto siano diversi, per riflesso, i nostri Saloni. Ecco qui un rapido e disincantato (anche se incompleto) confronto.

Milano e Tokyo sono due Saloni diametralmente opposti, a parte il fatto che vi si possono vedere esposte le moto. Nei giorni scorsi abbiamo scritto dell’increscioso episodio capitato allo stand Suzuki del Salone di Milano. E chi ci segue sulla nostra pagina facebook “Motospia” aveva potuto notare anche altri pittoreschi esempi (come il portarsi a casa qualche ricordo smontando le moto esposte) dell’italica maniera di partecipare alle fiere affollate. Due piccoli esempi, cui potremmo aggiungerne però molti altri poco edificanti…

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Milano, ricambi a costo zero!

“Ragazzate”, potrebbe obiettare qualcuno. Io non sono d’accordo. Si tratta, né più né meno, della nostra espressione culturale. Noi italiani, notoriamente, quando vediamo uno spazio libero per fare ciò che vogliamo, non ci facciamo mai pregare e diamo libero sfogo alla nostra inciviltà mimetizzandoci nella folla. E siamo molto poco portati a rispettare gli altri.

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Milano, reparto ricambi Beta.

Brutto, per chi come me, da una vita visita Saloni in ogni angolo del globo, confrontare ciò che succede a Milano con il resto del mondo. 

Proviamo, ad esempio, a  fare un parallelo con il Tokyo Motor Show, che avrò visitato almeno una decina di volte ormai e dal quale ero appena tornato anche quest’anno.

Una organizzazione capillare che ti accoglie ancora prima di entrare in Fiera.

Il primo confronto è con la macchina organizzativa. Il Tokyo Motor Show non è molto più grande come spazio espositivo ma è senza dubbio più “ricco” del Salone di Milano. Perché vengono esposte auto e moto e perché dura molto di più (due settimane invece di una). Quindi è facile immaginare che muovendo più soldi, sia d’obbligo fare le cose al meglio. 

Fatto sta che si notano grandi differenze anche nel modo in cui la Fiera si presenta allo spettatore. Chi visita il Tokyo Motor Show si sente “cullato, istruito e controllato” sin dal momento in cui scende dalla metro, a poche centinaia di metri dall’ingresso della fiera. Perché una miriade di “addetti al traffico” ti indirizza passo passo verso il monumentale ingresso della Fiera, che pure è ben visibile e identificabile anche a un chilometro di distanza. E non c’è dubbio che questa notevole “presenza” influenzi non poco il comportamento del pubblico. 

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Tokyo: decine di addetti ad ogni singolo gate.

Decine di addetti attendono il pubblico ai cancelli.

Arrivati all’ingresso, si è praticamente circondati da decine e decine di addetti ai cancelli (il rapporto con Milano sarà come minimo di 1 a 20, se non 1 a 30). Gli addetti indirizzano il pubblico in modo ossessivamente preciso e smaltiscono la coda molto velocemente.

Tokyo: l’addetto alla scala mobile.

E poi trovi addetti alla sicurezza in divisa stanziali in tutti i corridoi di collegamento e in tutti i padiglioni. C’è il servizio d’ordine ad ogni scala mobile (un addetto alla base, uno in cima), vedi operatori delle pulizie che fanno sparire in tempo reale ogni minima traccia di sporco all’interno dei padiglioni, e hai a disposizione poltroncine e panche per riposarti davanti ad ogni stand…

Tokyo: pulizie anche dove non c’è nulla da pulire.

Un paradiso del visitatore. E, particolare non da poco, lo spazio fra uno stand e l’altro è ampissimo, si respira camminando nei corridoi. Insomma, una “customer care”, come direbbero gli esperti di marketing, ad altissimo livello.

Tokyo: panche e poltrone per riposarsi davanti ad ogni stand.

Non come da noi dove siamo costretti a stringerci come sardine nelle ore di punta e non riusciamo neanche a vedere le moto da tanto siamo compressi. Chi soffre di claustrofobia a Milano rischia attacchi di panico!

Milano: dove sono le moto?

Insomma, a livello organizzativo uno sforzo ineguagliabile, che fa impallidire qualunque fiera europea, non solo Milano. 

A Tokyo nelle giornate riservate a “stampa” e “operatori”, entrano “veramente” solo stampa e operatori. E per chi deve lavorare questo è un segno di civiltà e di rispetto. A Milano non succede mai. Oppure dobbiamo pensare che esistano migliaia di giornalisti e migliaia di operatori (concessionari, ricambisti, e tutti coloro che lavorano nel settore moto) di età compresa fra i 14 e i 18 anni che vengono mandati a Milano dai loro datori di lavoro con il compito di raccogliere adesivi e di  fotografare le standiste…

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Tokyo: giornate operatori dove si può lavorare in pace.

 Infine arriviamo alle giornate aperte al pubblico: la marea di spettatori che entra ogni giorno è la stessa, ma a Tokyo tutto avviene in silenzio e nel massimo ordine. Nessuno urla, strepita, o si dimena come avviene da noi. Nessuno si azzarda a saltare la fila. Anche lì si ride, si sorride, si osservano le novità. Ma tutto avviene in un clima piacevolmente rilassato e soft. Gli unici rumori che si sentono sono i “jingle” musicali che le Case diffondono a ritmo incessante. Può sembrare assurdo, ma è così. Si visita la fiera in santa pace!

Grandi differenze (tutte a nostro sfavore) anche nel comportamento degli spettatori.

Confrontiamo infine il comportamento degli spettatori. Qui saltiamo addosso alle moto, le circondiamo, le soffochiamo, le smontiamo, le sporchiamo e ce ne impadroniamo per minuti interminabili, fregandocene di tutti gli altri che sono lì, come noi, per osservarle. 

A Tokyo sono tutti in rispettosa fila per avvicinarsi e vederle. E chi vuole salirci, rispetta la coda. Anche se è lunga venti metri.

Tokyo: la fila per salire in sella. E gli addetti della Casa che ti scattano la foto.

Certo, tutto è facilitato dal fatto che le Case predispongono almeno un addetto (rigorosamente in divisa riconoscibile) accanto ad ogni moto. Il pubblico chiede il permesso di sedersi, porge il suo cellulare all’addetto stesso che gentilmente gli scatterà la foto di rito. Poi il giapponese “prova” la moto, e scende facendo l’inchino. Tutto in meno di 30-40 secondi. Ogni 2-3 “sedute” gli addetti della Casa tirano fuori dalla tasca un panno in microfibra e puliscono il serbatoio e il ponte di comando. 

Tokyo: un addetto per ogni moto, con il panno in tasca per pulirla ogni 2-3 sedute del pubblico.

Infine, un’ultima differenza: vado al Salone di Tokyo dalla prima metà degli anni ‘90. Non ho mai visto moto cannibalizzate non ho mai visto nessuno gettare a terra un mozzicone di sigaretta o un foglio di carta, non ho mai sentito qualcuno alzare la voce e infastidire le standiste o saltare una fila. 

Tornare in Italia da Tokyo è sempre uno shock! 

P.S.: scrissi esattamente le stesse cose una ventina di anni fa al ritorno dal Salone di Tokyo. Da allora ho potuto annotare miglioramenti soltanto dall’altra parte del mondo. Milano è sempre uguale. A parte la location della fiera.

Forse perché siamo noi italiani ad essere sempre uguali e a non pretendere (né meritarci) niente di meglio!

Anzi, no, c’è una differenza: venti anni fa la ressa poteva essere in parte giustificata dall’incredibile numero di stupende novità esposte dalle Case, perché il Salone era organizzato a cadenza biennale. Oggi non è più così! Il Salone c’è ogni anno, le Case non hanno più la disponibilità economica di un tempo e le novità sono sempre meno.

 

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