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Le tappe del barocco in Sicilia: Ragusa Ibla

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Uno degli esempi di come un grande disastro, cioè il terremoto del 1693, può essere l’origine di una grande bellezza: Ragusa Ibla

Non tutti i mali vengono per nuocere, si dice. Non metto in discussione la saggezza degli antichi. Ma per essere in grado di apprezzarla, bisogna perlomeno adottare un punto di vista ampio. Un po’ come quando ci si allontana da un dipinto per poterlo vedere nella sua interezza. A volte si tratta di una distanza in termini spaziali, altre volte in termini temporali. Oggi ho intenzione di attraversare gran parte della mia Isola per mettere alla prova il famoso detto.

La Storia pone sempre tutto in prospettiva ed il male – a cui oggi mi riferisco – risale a secoli fa. Quindi sono abbastanza distante dal dipinto per poter guardare, col dovuto distacco, gli effetti di un male arrivato nel 1693. Il 9 e l’11 gennaio di quell’anno, due terremoti devastarono la Val di Noto, radendo al suolo decine di centri abitati, causando circa 60.000 vittime. Il maremoto che seguì era in omaggio col pacchetto full optional. Direi che possiamo concordare sul fatto che fu un male.

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Il terremoto del gennaio 1693 distrusse gran parte della Sicilia sud-orientale, ma a quei tempi la ricostruzione la facevano davvero!

Ma ora sono in sella, pronto a fare circa 300 chilometri per andare a vedere come rispose l’uomo alle scosse distruttive della Natura. Il tre cilindri della Tracer ronza sereno, mantenendo i 100 all’ora a 4.000 giri, in assoluta souplesse. Mi permette di ammirare la campagna invernale, nutrita da un sole tiepido. Scartata senza pensarci due volte l’opzione autostradale, mi dirigo a sud per trovare la SS115.

Questa direttrice replica, in maniera piuttosto fedele, l’andamento della costa meridionale della Sicilia e congiunge Trapani con Siracusa. Procedendo verso est, la vicinanza al mare si attenua in corrispondenza di Gela. Non mi disturba più di tanto, perché lì ho intenzione di abbandonarla in favore delle numerose provinciali che servono l’ampio dedalo di serre. A sud di Vittoria si stende infatti un tappeto di plastica, ben visibile da Google Maps, che arriva fino al mare e, ad est, lambisce i luoghi del commissario Montalbano. La sua villetta della fiction si trova in realtà a Punta Secca ed attrae un gran numero di turisti.

Il mio percorso di oggi ricalca l’andamento della costa meridionale della Sicilia, poi si perde fra le serre di primizie

Queste le mie intenzioni, che elaboro mentre la crossover Yamaha mi regala l’ennesimo sorriso. Della Tracer 900 GT, mesi fa, ho scritto una recensione che confermo in toto in questa mattina in cui passiamo in strettissimo contatto quattro ore consecutive. La sella è praticamente l’unica nota (molto) perfettibile in una sinfonia di piacere e comfort. Assenza di vibrazioni significative, accettabile protezione del parabrezza (anche per i miei 189 cm) e assenza di turbolenze. Indovinata triangolazione, motore sempre pronto per sorpassi in sicurezza, cruise control…tutto concorre ad un trasferimento godibile e veloce. O meglio: che sarebbe veloce se non guidassi io, che invece mi guardo intorno e mi godo la mia isolona a velocità molto turistiche. Per dirla in modo politically correct, che ormai sfora nel ridicolo in troppi casi: sono diversamente veloce.

Poco prima di Agrigento la mia prima sosta gastronomica, la Sicilia è una fonte inesauribile di tentazioni per il palato

Una sosta a Porto Empedocle per rifocillarmi, perché sono diversamente sazio. La faccio al comodo bar dei F.lli Plano, proprio lungo la statale (GPS 37.293370, 13.529892). Merita per l’ampia offerta e il notevole rapporto qualità prezzo, sia per la tavola calda che per la pasticceria.

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Passaggio da Agrigento.

Riprendo la via, in meno di un’ora sono a Gela, che attraverso con la solita attenzione a causa del traffico intenso. La raffineria occupa una superficie immensa al margine sud-orientale della città ed è, senza mezzi termini, un pugno nell’occhio. La supero e lascio la statale per la SP51, che lambisce il Biviere di Gela, una riserva naturale oltre la quale si stende la selva di serre di cui dicevo e che non ha soluzione di continuità fino a Scoglitti.

La raffineria di Gela.

La SP51 diventa SP31 e, seguendo le indicazioni per Punta Secca, finalmente giungo in vista del faro. All’entrata della frazione marittima vedo avvicinarsi l’Africa Twin di Mauro, il caro amico che oggi mi farà compagnia a Ibla. Neanche nei sogni più spinti di uno svizzero si può essere più puntuali!

Sosta aperitivo presso la villetta del commissario Montalbano, guardando il mare ma soprattutto i turisti attratti dalla fiction.

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Torre Scalambri a Punta Secca.

Parcheggio accanto alla casa del commissario e prendiamo un aperitivo al bar ospitato dalla bella torre Scalambri. Eretta alla fine del XVI secolo, aveva funzioni difensive. Con l’ausilio del bar, continua ad avere funzione difensiva, ma dagli assalti dell’appetito, che inizia a farsi sentire (lo so, avevo mangiato a Porto Empedocle. E allora? Mi piace!). Gruppetti di turisti scattano selfie con la casa di Montalbano sullo sfondo. Noi chiacchieriamo, finiamo l’aperitivo e ci rimettiamo in sella per gli ultimi chilometri verso Ragusa. Ibla, nonostante si trovi a circa 400 metri di altitudine, è la parte bassa della città.

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Aperitivo da Montalbano.

Ci arriviamo dalla SS194, che raccoglie il testimone della 115 e ci porta verso nord. La statale si snoda al margine della vallata del fiume Irminio, su cui la vista trova spazi. L’erosione delle rocce calcaree ha modellato il paesaggio ibleo, fitto di macchia mediterranea, ulivi e agrumi. I bellissimi muretti a secco, che bordano verdi terreni adibiti a pascoli di bovini, sono il tocco d’artista che rende assolutamente unici gli scorci panoramici. Sono le terre in cui si produce il famoso caciocavallo ragusano, un prodotto a D.O.P. di assoluta eccellenza. Appeso ad una corda che ne segna la caratteristica forma di parallelepipedo, viene stagionato da un minimo di 3 mesi a ben oltre i 12. La sua pasta diventa più gialla e scura tanto più il formaggio avanza nella maturazione ed acquisisce piccantezza. All’ora di pranzo e nonostante gli spuntini, è un pensiero che può diventare commovente.

Caciocavallo ragusano DOP alla piastra.

Il paesaggio ibleo è reso inconfondibile dai bellissimi muretti a secco, una forma d’arte anch’essa patrimonio UNESCO.

Le ultime centinaia di metri verso Ibla sono ripide, poi l’altopiano su cui sorge si apre in piazze e vie dolcemente declinanti. Parcheggiamo le moto e lasciamo che il color miele, tipico della pietra ragusana, ci accarezzi gli occhi. Siamo nel cuore del barocco siciliano, circondati da decine di esempi stilistici, in forma di architetture civili o sacre. Le vie sono quasi deserte, in questa soleggiata mattina d’inverno Ibla è nostra, priva delle folle di turisti che l’assediano in estate o nelle sere di fine settimana. Il rovescio della medaglia è che i tre quarti degli esercizi commerciali sono chiusi, ristoranti compresi.

Ad esempio, ci sarebbero le due stelle Michelin del ristorante Duomo, dello chef Ciccio Sultano. Oppure la Locanda Don Serafino, che quest’anno passa da due ad una. A chi non guarda le stelle e tiene i piedi per terra, basta un qualunque panificio per saziarsi delle spettacolari focacce (o scacce) ragusane.

A Ibla mangiare può essere una questione da 2 euro a persona o da 200, ma non si corre il rischio di restare a digiuno.

Un posto per mangiare si trova sempre, in Sicilia. E infatti lo troviamo anche noi, assaporando la bella cucina di terra tipica della zona. Cucina che valorizza i legumi, ma soprattutto che regala al palato i ravioli di ricotta conditi con il sugo di pomodoro in cui è stato cotto il maiale. Un piatto di assoluta semplicità che, quando ben eseguito, tocca vette sublimi. Nei limiti della sicurezza e del codice, vale la pena di approfittare dell’occasione per provare l’abbinamento con qualche vino rosso locale.

Ravioli di ricotta con sugo di maiale.

Il Cerasuolo di Vittoria, il Frappato e soprattutto i Nero d’Avola delle cantine Curto sono un eccellente abbinamento per la cucina di terra ragusana

In particolare citerei il Frappato, fresco e ricco di sentori di frutta. Oppure l’unico siciliano protetto da una DOCG, cioè il Cerasuolo di Vittoria, blend di Nero d’Avola e Frappato, anch’esso tendenzialmente fresco e fruttato ma con una varietà enorme d’interpretazioni. Infine, avendo provato e riprovato l’abbinamento, mi piace segnalare un paio di Nero d’Avola provenienti dalla DOC Eloro (al confine fra le province di Ragusa e Siracusa) e vinificati dall’azienda Curto. Si trova ad Ispica, altro paese barocco, dichiarato qualche mese fa patrimonio dell’UNESCO. Vi ci porterò.

Curto produce più vini, ci sarà certamente modo di parlarne in altre occasioni. Qui cito solo il Nero d’Avola base (che reca in etichetta Eloro) ed un cru, dello stesso vitigno, che esce sotto il nome di Fontanelle. Entrambi notevoli in assoluto, freschi, fruttati, con note di carruba che sono la firma del territorio e delle sue temperature africane. Rapporto qualità prezzo imbattibile.

Rinfrancati, passeggiamo per le vie di Ibla, scoprendo meraviglie dietro ogni angolo. Il Circolo di Conversazione, le tante chiese, i palazzi nobiliari. Tutte le costruzioni integrate in questo tessuto urbano fatto di pietra e di scale e di prospettive che cambiano repentinamente, diventando anguste o ariose, costrette fra mura vicine o spaziando verso le valli scavate dai fiumi, appena fuori dall’abitato.

Il Circolo di Conversazione.

La vista più famosa è certamente quella del Duomo di San Giorgio.

 La vista più nota e più bella è certamente quella del Duomo di San Giorgio, che mozza il fiato. Imponente costruzione del Gagliardi, che la edificò dal 1739 su quella che era stata la chiesa di San Nicola. Torreggia sull’estremità alta della piazza sottostante, lunga e stretta. Chi procede verso il Duomo cammina in salita e lo vede ancora più maestoso e solenne, rialzato dalla prospettiva.

Il Duomo di Ragusa Ibla.

Del duomo originario, distrutto dal sisma, sopravvive un meraviglioso portale negli immediati pressi del Giardino Ibleo. Questo bel parco pubblico, che risale al 1858, offre refrigerio nei torridi giorni d’estate, col suo viale bordato di palme, le panchine di pietra, la fontana. Dal belvedere all’estremità orientale, lo sguardo si perde sui monti Iblei. Se non fossi con un amico alto e forzuto come Bud Spencer (ma per fortuna altrettanto buono), sarebbe quasi romantico.

Il Portale di San Giorgio.

Lasciarsi portare dai propri passi per le vie di Ragusa Ibla è un piacere che viene dalla mancanza di pensieri e di mete, mentre si è circondati dalla bellezza

Passeggiare per le vie di Ibla è un continuo perdersi in fasti passati e bellezza attuale. La Casa Museo Appiano, palazzo Arezzo di Trifiletti, palazzo Arezzo di Donnafugata, l’arco di Palazzo Arezzi…l’elenco è infinito perché non comprende solo le grandi opere, ma i tanti dettagli figli di un momento, di una nuvola passeggera che crea un fugace effetto di luce. Il sole che inizia a declinare accentua il rosato della pietra, ma dice anche che è ora di voltare le spalle a Ibla.

 

Saluto Mauro, che va verso l’Etna, con la promessa di rivederci presto. Poi punto la Tracer ad occidente, verso il sole calante. Senza fretta, godendomi anche il rientro. Stavolta però resto sulla SS115 e mi tuffo su Comiso dal bordo dell’altopiano, come da un belvedere che domina la pianura sottostante. Passo accanto al Castello di Falconara, fra Gela e Licata, come mille altre volte.

Si scende su Comiso.

Ma stavolta mi fermo, voglio guardarlo dalla spiaggia, mentre il sole tramonta nel Canale di Sicilia. Bellissimo. Mi rimetto in sella mentre il sole, nonostante sia ormai sotto l’orizzonte, continua a donare a tutta la scena i suoi colori aranciati, che poi virano verso il viola ed il blu per un tempo irrealmente lungo. Sui rettilinei della statale 115, con il cruise control attivato, rivedo la giornata e non posso fare a meno di pensare che, in effetti, non tutti i mali vengono per nuocere.

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