Motospia

Capo Granitola – Mazara, rotta a sud verso natura e cultura

capo granitola

Mentre il mediterraneo in tempesta batte le coste settentrionali della Sicilia, sfuggiamo alle gelide dita dell’inverno che ci stringono la gola puntando a sud, verso Capo Granitola, Mazara e il Canale di Sicilia.

L’autunno sta già finendo, sento le gelide dita dell’inverno che mi stringono la gola (s’intuisce che è una stagione che non mi piace?), il maestrale aizza il mare contro la riva settentrionale della mia grande Isola. Il Tirreno in tempesta immerge le strade costiere in una nebbia salmastra, che si deposita ovunque. Tutto questo non basta certo a sopire la voglia di moto e, poiché ogni motociclista è nell’animo un migratore, l’istinto è quello di spostarsi a sud, verso Capo Granitola e Mazara. Raggiungendo così la costa del Canale di Sicilia che, nel punto più stretto, separa la costa mazarese da Cap Bon, in Tunisia. Non con distanze siderali, ma con soli 145 chilometri di mare.

E visto che parliamo di migrazioni, includeremo proprio Mazara in questo itinerario, con la sua multietnicità e i due rioni storici di San Francesco e Giudecca, collettivamente denominati casbah. Per raggiungerla c’è l’opzione della A29, l’autostrada senza pedaggio che collega la propaggine occidentale della Sicilia al capoluogo. Si tratta di un’arteria che, nonostante non sia un esempio di perfezione, può permettersi di guardare dall’alto in basso la triade Messina-Palermo, Palermo-Catania e Messina-Catania, che invece rappresenta alla perfezione il disastro viario siciliano.

No alle autostrade, si procede sulla SS624.

Noi motociclisti siamo però migratori non convenzionali, la via più conveniente ci interessa poco. Più attraente è seguire linee sinuose e che ci permettano di esplorare. Per esempio lasciando Palermo dalla SS624, la strada a scorrimento veloce che dal capoluogo conduce a Sciacca. Veloce a sufficienza, ma non noiosa, ideale per chi viene dai settori nord-orientali della Sicilia perché permette di evitare quasi tutta la circonvallazione di Palermo, che nel 2014 è stata inclusa da Tom Tom nella top ten delle 10 strade più trafficate. Non della Sicilia. Non di tutta Italia. Nella top ten delle strade più trafficate del mondo! Umiliando piccoli agglomerati rurali come Los Angeles o Città del Messico, di qualche posizione dietro in questa classifica. E’ doveroso dire che, da indigeni, avevamo le nostre certezze ben prima che arrivasse la certificazione di Tom Tom. Comunque sia, è ormai dietro le nostre spalle.

capo granitola

La strada ci porta fino a Santa Margherita di Belice.

Ora la SS624 ci porta in alto, scollinando in prossimità degli oltre 800 metri di altitudine di Portella della Ginestra, luogo della terribile strage del primo maggio 1947. Oltre, si segue il corso del fiume Belice, con lo sguardo che accarezza una campagna generosa di colture e di vedute. I numerosi vigneti sono al momento spogli, ma fra poco sarà il frumento che germoglia a riempire gli occhi del suo verde tenero. Abbandoniamo questa veloce statale solo quando vediamo le indicazioni per Santa Margherita di Belice, caposaldo della coltivazione del ficodindia. Nonché luogo caro a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che in forma bronzea sta oggi in piedi sulla piazza prospiciente la Villa del Gattopardo. Questa ospita un museo dedicato allo scrittore ed alla sua più grande opera, “Il Gattopardo” appunto, oltre al parco descritto nel libro.

capo granitola
Villa del Gattopardo a Santa Margherita.

Accanto, una chiesa sconsacrata è diventata un Museo della Memoria, che racconta il dolore del terremoto del 1968, da cui il paese fu mortalmente colpito. Un luogo su cui spendere più parole, se non fossimo nel pieno di una migrazione verso sud.

Da Santa Margherita si procede verso Montevago, sulla SS188.

Da Santa Margherita imbocchiamo la SS188 in direzione di Montevago e, subito dopo, ci tuffiamo fra le belle curve che scendono fino al fiume Belice. Dove la strada procede per l’unico centinaio di metri pianeggianti, trovate l’indicazione per raggiungere un accogliente stabilimento termale, nelle immediate vicinanze. Poi la statale 188 sale in direzione di Partanna. Su tutto il tratto l’asfalto è decente, il tracciato stretto ma decisamente interessante, sia dal punto di vista motociclistico che paesaggistico.

A Partanna, senza entrare in paese, seguiamo le indicazioni per Castelvetrano sulla SP13, verso sud in direzione di Selinunte. Località dove si può visitare il parco archeologico più grande d’Europa e su cui ci sarebbe da scrivere trattati monografici (sono stati già scritti, in effetti…). Oggi la lasciamo fuori dal nostro giro, non è colpa mia se la Sicilia è così densamente punteggiata di destinazioni interessanti! Ci dirigiamo verso Campobello di Mazara sulla SP56 e, anche qui prima di entrare in paese, deviamo verso la SP51 che finalmente ci porta in direzione della costa, senza più ostacoli urbani.

Rudere di una chiesa a Mazara.

Dalle Cave di Cusa proveniva il materiale per i templi di Selinunte.

Passiamo accanto al sito archeologico delle Cave di Cusa, dalle quali proviene il materiale con cui sono stati edificati i templi di Selinunte. Nelle cave, abbandonate in fretta a causa dell’invasione cartaginese, sono ancora visibili i blocchi di calcarenite, in vari stadi di lavorazione, incluso quello finale in cui erano già diventati i rocchi delle colonne doriche selinuntine, pronti per essere trasportati.

Diamo un po’ di gas e ci tiriamo fuori dal libro di storia e dal V secolo a.C. Ritorno al futuro. Siamo ormai in dirittura d’arrivo e seguiamo i pochi chilometri di rettilineo parallelo alla costa che ci portano a Torretta Granitola. In inverno conta circa un centinaio di abitanti, per cui chiamarlo centro abitato è lusinghiero. Ma in estate si riscatta e diventa centro densamente abitato, lievitando a diverse migliaia per via del suo bel mare. Posto ideale per ammirare tramonti sull’acqua, regala la possibilità di una passeggiata rilassante fino al piccolo promontorio di Capo Granitola.  Un bel faro di 35 metri caratterizza visivamente la zona, i più attenti l’avevano già visto negli ultimi chilometri di guida, grazie alla piattezza del territorio costiero.

capo granitola
Torretta Granitola.

Da Capo Granitola si può fare anche un tour notturno di 700 km “da faro a faro”.

In questi giorni sereni di fine autunno, è una gioia godere della solitudine e del silenzio, ammirando il sole che corteggia l’orizzonte per poi lasciarsi accogliere dalle acque. Il tramonto a Capo Granitola è spesso così bello che ne avevo fatto il punto di partenza per un giro notturno che, a suo tempo, avevo battezzato “Da faro a faro”. Prevedeva di fare seguire al tramonto appena visto la guida lungo tutta la costa sud della Sicilia, fino a Portopalo di Capo Passero. La lunga trasferta era interrotta da una lauta cena nell’agrigentino, quindi da una sosta notturna a Gela per i cornetti appena sfornati, nel caso non avessimo mangiato abbastanza.

Si arrivava intorno alle 4 del mattino a Portopalo, si attendeva che il sole sorgesse dal mare, lo stesso mare in cui era sceso a Granitola ma stavolta guardando ad est. Si faceva colazione con la granita, si guidava lungo la costa sud fino a casa, per un totale complessivo di circa 700 chilometri. Un caro amico, la prima volta che gli esposi con entusiasmo questo programma, elaborò un attimo, alzò su di me uno sguardo fra il divertito ed il perplesso e disse: «Non è da faro a faro. Semmai è ‘nna Minchiatuna». Per chi avesse bisogno della traduzione, suona un po’ come “è una stupidaggine di notevoli dimensioni”. Il che, va detto a credito di chi sintetizzò il concetto, è assolutamente vero. Ed il soprannome rimane ancora oggi.

capo granitola

Lasciato Capo Granitola si punta verso Mazara.

Torniamo però al nostro giro odierno e, lasciati Capo Granitola e l’omonimo abitato, non andiamo verso Portopalo ma seguiamo la costa verso ovest, placidamente coprendo la dozzina di chilometri che ci separano da Mazara. Alla nostra sinistra il mare, quello in mezzo fra noi e l’Africa, lo stesso mare dove si consumano tragedie a cui purtroppo ci stiamo abituando. Un mare pescoso, che la flotta peschereccia mazarese solca per rifornirci dell’eccezionale gambero rosso, anche sfidando la guardia costiera libica, dai modi d’agire non sempre trasparenti. Un mare pericoloso, attraversato tante volte nel corso della storia da chi cercava un futuro migliore. Un futuro che molti hanno trovato a Mazara, perché le migrazioni sono un fenomeno molto più antico dei telegiornali che lo usano per terrorizzare l’ascoltatore medio con notizie d’invasioni barbariche.

A Mazara è d’obbligo una visita alla casbah

Arriviamo in città superando uno scenografico ponte che ci immette sul lungomare, che seguiamo fino in fondo, dove possiamo parcheggiare la moto alla foce del porto canale. Da lì, il piacere è percorrere a piedi i vicoli, le viuzze e i cortili della casbah, la parte più evidentemente araba della città. Le sue stradine lastricate sono state negli ultimi anni teatro di una riqualificazione estetica che ha elevato gli standard del quartiere. Promuovendolo così da ghetto ricco di microcriminalità ad ambita ed  iperfotografata meta turistica. Multiculturale perché popolata in maniera preponderante da famiglie tunisine, ma ci sono anche tanti rom ed esponenti di altre etnie. Agli angoli delle strade, piastrelle di ceramica compongono quadri che raccontano frammenti della storia dei luoghi. O che semplicemente danno colori accesi a muri altrimenti spogli.

Il collegio dei Gesuiti a Mazara.

Per il cibo etnico c’è la piazzetta Francesco Modica.

In questi giorni di fine autunno, il silenzio è palpabile. Nelle vie che conducono verso Porta Palermo, capita di cogliere scorci di vite con abitudini per noi esotiche. Macellerie halal, negozi di alimentari in cui comprare i brik o spezie sfuse, locali in cui gli avventori chiacchierano in arabo e fumano il narghilè. Se ci si vuole immergere in maniera gustosa in queste abitudini, una sosta consigliata è il ristorante Eyem Zemen (telefono 347 3869921), all’angolo fra via Porta Palermo e piazza Francesco Modica.

Piazza Mokarta.

In estate, la piazzetta diventa il dehors dove gustare cibo tunisino ben preparato e a prezzi molto abbordabili. Brik con tonno o gamberi, cuscus nelle sue diverse declinazioni di pesce, carne e verdure, dolci ricchi di miele, tè alla menta. Un momento esotico, una finestra gastronomica e culturale aperta da chi ha lasciato il proprio Paese per venire nel nostro. L’immigrazione mostra uno dei suoi tanti lati positivi. Se si va in inverno, è bene chiamare perché per loro è periodo di ferie.

Colori nella casbah.

Una passeggiata digestiva verso piazza Mokarta può essere l’occasione per riflettere su un esempio d’integrazione, sicuramente migliorabile ma che lascia intravedere le potenzialità date dall’incontro delle culture. Le moto ci aspettano sul lungomare, pronte al rientro. Se abbiamo ancora voglia di curve, le opzioni sono tante. Se vogliamo solo tornare a casa, c’è sempre la comoda e triste autostrada.

Cuscus di pesce.

© 2022, MBEditore - TPFF srl. Riproduzione riservata.


Vuoi saperne di più? Di' la tua!

<strong>SCRIVICI</strong>

    acconsento al trattamento dei dati presenti nel form di contatto