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Un milione di chilometri – capitolo 4

Un milione di chilometri APRILIA PEGASO CUBE 650

CAPITOLO 4

LA PRIMA ( ED ULTIMA) 4 CILINDRI: HONDA CBX 750F KM 12.000

Nell’estate successiva invece di intraprendere chissà quale viaggio, stretto fra le altre due passioni della mia vita, il basket e la musica, imboccai la strada che portava ad un’ officina di moto, non come cliente bensì come operaio. L’ officina dove mi recai per il consueto lavoro estivo è la stessa dove sono cliente ancora oggi, la Motoracing di Civitanova Marche, la migliore in zona e questo mi dava la possibilità di imparare a mettere le mani su un motore oltre che a racimolare qualcosa. In futuro si presentò anche l’ occasione di diventare socio di quell’attività ma l’istinto o esperienza che dir si voglia mi suggerì che, l’ abitudine prettamente italica di partire per le agognate ferie tutti insieme ad Agosto, mi avrebbe costretto al chiodo ed impedito di partire anche a me.

Pur avendo avuto la possibilità di guadagnare qualcosa sia dal basket che dalla musica (iniziavo allora a suonare il basso in alcuni gruppi), sostanzialmente ho sempre cercato di non confondere i diversi ambiti.

Le passioni, pensai, sono tali e vanno nutrite col duro lavoro e non dovrebbero mai rappresentare fonte di reddito. Così pensavo allora, in una sorta di talebanismo e così la penso ancora oggi alla soglia dei 45 anni, quando strimpello il basso o mi batto sotto canestro per una palla a spicchi. Dopo il fallimento, più che altro ideologico, del mio lavoro in officina mi trovai a prendere una delle tante decisioni sbagliate circa la scelta del modello da acquistare. La mancanza di esperienza unita ad una passione vera mi facevano perdere la lucidità di fronte alle caratteristiche delle moto in questione e non vedevo i difetti, riferiti all’ uso che ne avrei fatto, che invece erano chiari e lampanti se solo avessi usato più razionalità.

A distanza di anni ho accettato il fatto di aver acquisito molta più esperienza che razionalità e nonostante tutto ho l’anima in pace.

Ancora oggi se chiedessi a 100 ipotetici motociclisti quale mezzo preferiscono fra un’ Aprilia ETX 350 ed un’ Honda CB 750 f avrei una stragrande maggioranza di “voti” per quest’ ultima.

All’epoca anche io mi feci attrarre da questa grossa, potente e ben rifinita 4 cilindri del sol levante con la quale avevo immaginato chissà che memorabili viaggi, cullato dai resoconti dei giornalisti, che provandola, l’ avevano descritta come una magnifica sport-touring. Purtroppo chi prova le moto per le riviste spesso non ne possiede di proprie e testandole si sofferma eccessivamente sulle prestazioni e sull’uso sportivo del mezzo così da restituire al lettore una fotografia della moto che non sempre aderisce alla realtà del suo futuro uso.

Che ne potevo sapere che dando in permuta il mono Aprilia per quella selva di cilindri ordinati e luccicanti stavo rinunciando ad un mezzo che invece era quasi cucito su misura per le mie esigenze?

Di lì a poco mi fu chiaro che l’ astronave giapponese mi avrebbe forse portato nello spazio ma di sicuro impedito di godere a pieno sulla Terra dove, fino a poco prima, scorrazzavo in sella ad un solo cilindro consumando il giusto e lasciando l’ asfalto come niente fosse ogni volta che lo volevo. L’ erogazione era dolcissima ma fino ai 6000 giri era scarsina per poi scatenarsi con l’ avvicinarsi di regimi poco consoni ad un utilizzo turistico, quale era il mio. Questo mi dava la sensazione che non l’avrei mai governata completamente e insieme a consumi non proprio da utilitaria mi fece passare una estate, quella del 1991, senza grandi viaggi.

A Settembre di quell’anno stava iniziando invece, un altro tipo di viaggio, quello nel mondo del lavoro, che con le dovute eccezioni, continua ancora oggi. Dopo la maturità, mio padre che non appoggiava affatto il mio desiderio di fare l’autista, pensò bene di “consigliare” a me e a mio fratello di entrare nel mondo del ricamo industriale automatizzato e fu così che acquistammo un vecchio macchinario con relativa clientela.

Di quella Honda ricordo un giro con mio fratello a Modena per il Monsters of Rock, l’ autostrada era il suo terreno ideale e quella volta ne ricavai “good vibrations. Ma siccome ero stato contaminato dal desiderio di esplorare nuovi percorsi ed appena notavo una stradina bianca sentivo il dovere di ficcarmici dentro fu palese che il “4 in linea” non faceva per me. Si rendeva necessario un passo indietro, un ridimensionamento dei costi di gestione ma più che una questione di “ etica-green” fu una questione di vero e proprio verde, quello delle mie tasche.

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