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Cannolo tour: l’elogio della scuola trapanese

cannolo tour

I giri in campagna possono essere pericolosi a causa dei greggi di pecore che attraversano la strada. Meglio prendersela comoda e concentrarsi su un piacevole “Cannolo Tour” nella zona del trapanese.

cannolo tour

Dalle mie parti, le strade di campagna possono essere rilassanti. Panorami dolci, i cui colori variano enormemente con l’avvicendarsi delle stagioni. Il nero delle terre appena arate, il verde dei vigneti o quello del frumento da poco germinato. Il fucsia dei fiori di sulla, l’oro delle spighe mature… Ma la vita è piena di sorprese e la campagna se ne fa ambasciatrice. Per esempio quando ci si inserisce in curva con piglio sportivo, si piega più seriamente del solito e poi in uscita…ci si trova davanti un gregge di pecore che sta attraversando la strada.

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In mancanza dell’ABS cornering, si raddrizza la moto più velocemente possibile, ci si attacca ai freni e ci si rivolge ai santi, affinché procedano ad una rapida discesa. Per non fare torto a nessuno, si va in sequenza rigorosamente alfabetica, più o meno partendo da sant’Abele. Si passa quindi a fondate ipotesi riguardanti la professione della madre del pastore. Se tutto va bene, ci si ritrova in piedi, fermi ma a contatto con la massa belante. Si prende fiato e ci si prepara a ripartire dopo qualche minuto, attraversando l’asfalto ridotto a campionario di souvenir ovini, solidi e liquidi.

Scorcio della SS113.

Per ovviare al problema delle pecore, ci si può immolare in un “cannolo tour”.

La vita è bella. Possiamo migliorarla, però. Per trarre vantaggio dalla presenza di tante pecore, non c’è miglior iniziativa che intraprendere un “Cannolo Tour”. Potremo dimostrare il nostro spirito di sacrificio, immolandoci in un confronto fra tre capisaldi dell’interpretazione trapanese di questo classico siciliano. Unica avvertenza sul periodo: la stagione per questo breve giro non è l’estate, perché il clima secco e caldo brucia i pascoli. L’erba è secca, il latte contiene meno grassi e la ricotta che si produce – quando si produce – è di qualità piuttosto scadente.

Giorni fa, il proprietario di un’importante pasticceria mi diceva che il mese in cui ha più richiesta di dolci di ricotta è agosto. Che è anche il mese in cui la produzione è scarsa e peggiore, per cui molti ricorrono al prodotto congelato. Ottimo, genuino, senza dubbio. Freddo sì, anzi freddissimo. Ma decisamente non fresco. Se possiamo, mangiamo ciò che offre la stagione.

Presentare il cannolo è del tutto superfluo, non lo è però sintetizzare le peculiarità che il dolce acquisisce nell’estremità nord-occidentale dell’Isola. La scorcia (in italiano buccia, cioè la cialda fritta) fa la differenza fino ad un certo punto. In zona i risultati sono piuttosto omogenei. La ricotta della farcitura è invece ciò che crea fazioni. Senza pretese di scendere nel dettaglio: nel trapanese, la ricotta è esclusivamente e rigorosamente ovina, quasi grezza e poco zuccherata, senza canditi e con sole gocce di cioccolato. Nel palermitano è molto più cremosa e lavorata, generalmente più dolce. Procedendo verso oriente e verso sud, iniziano anche le contaminazioni con la ricotta bovina. Questione che, insieme alla guarnitura con ciliegia candita, scorza d’arancia o pistacchio, è in grado di dare origine a sanguinose guerre di religione.

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Un assaggio di Grecia classica.

Le discussioni sul cannolo sono sanguinose quanto quelle sull’arancina/arancino…

Roba in grado di reggere il confronto con quelle sul genere dell’arancina che, ad est della Linea Nissena (non esiste, ma ci è utile immaginarla), diventa maschile. Che poi, queste distinzioni finemente geografiche sono abbastanza oziose. Per dire, il cannolo più buono della mia vita l’ho infatti mangiato nell’agrigentino, a Cattolica Eraclea, fatto dalla madre del mio caro amico Baldo.

Flashback: siamo in due, a fare un giro senza meta e senza progetto quando, verso l’ora di pranzo, ci ritroviamo nei pressi di Cattolica. Pensiamo di mangiare un panino ed approfittare per salutare Baldo. Entriamo in paese, individuiamo casa sua, bussiamo, saliamo, ci abbracciamo e godiamo di un’amicizia importante. Di quelle che ci si vede poco ma ogni volta è come se ci si fosse lasciati la sera prima. La madre di Baldo, visto l’orario da screanzati (ma eravamo in buona fede, lo ribadisco 25 anni dopo), ci propone due spaghetti.

Rifiutiamo per educazione, con gli occhi che accettano. Lei ignora le parole e legge gli occhi, ribadendo che per due spaghetti non è disturbo e che le fa piacere se ci fermiamo. Ad onor del vero, va riconosciuto che gli spaghetti arrivano. Ma non sono due e, soprattutto, formano un intermezzo quasi dietetico, segnando la metà di una processione di portate da fare impallidire un banchetto di nozze. Ovviamente, non siamo scortesi e facciamo onore con gusto al container di cibo, anche perché era tutto delizioso. In chiusura, quando un manometro applicato all’ombelico avrebbe segnato pressioni inimmaginabili, arriva la proposta: «Vi riempio un cannolo?». Silenzio assenso, più che altro per impossibilità di articolare suoni. Scorcia fritta poco prima, dal frigo (ma quanta roba ci sta?) viene fuori la ciotola con la ricotta.

Un minimo di lavorazione, riempimento, guarnizione con i pistacchi locali, visto che in Sicilia non si fanno solo a Bronte. Cialda con le bolle giuste, fritta in olio d’oliva profumatissimo, ricotta in perfetto equilibrio di dolcezza e di bilanciamento fra leggerezza e grado di lavorazione, la granella di pistacchio saporita e col perfetto grado di croccantezza. Nonostante il rischio di esplosione, li assaporiamo ad occhi socchiusi per il piacere. Un sogno, in quel momento. Un ricordo dolcissimo, ancora oggi.

Per tornare a noi, il Cannolo Tour si svolge in un piccolo triangolo sulla SS113.

Torniamo al presente: in termini di chilometri, il Cannolo Tour si svolge tutto in un minuscolo triangolo con due punti sulla SS113, la Settentrionale Sicula che collega Messina a Trapani. Per cui è quella la via più diretta ed in buona parte godibile che possiamo seguire per avvicinarci al primo assaggio. A chi proviene da Palermo, la strada offre spunti paesaggistici interessanti già a partire da Terrasini, superata la quale permette alla vista di spaziare sul golfo di Castellammare, prima di allontanarsi dalla costa e divenire più rurale.

Oltre Alcamo, diversi chilometri di curve invitano ad una guida più dinamica, che si potrebbe interrompere per un’escursione al parco archeologico di Segesta, col celeberrimo tempio ad ornare il fianco della montagna. Si continua seguendo le curve della statale, dal bel tracciato ma dal fondo con grip scadente. E piano stradale con urgente bisogno d’interventi radicali, visto che è spesso interessato da smottamenti che creano gradini anche pericolosi. Si passa accanto a Borgo Livio Bassi, storicamente interessante per essere uno dei tanti borghi rurali, i micro agglomerati creati in epoca fascista per colonizzare le campagne.

Il tempio di Segesta.

La missione comincia nell’abitato di Fulgatore.

Ma siamo qui per una missione e l’abitato di Fulgatore ci ricorda che abbiamo raggiunto la prima tappa. Per quelli dotati di un moderno stomaco a gestione elettronica, il consiglio è di impostare la mappa PRO. Per gli altri, andrà bene un respiro profondo. Il bar Vultaggio produce cannoli la cui scorcia ha forma inconfondibile, allungata e con le estremità vistosamente a punta. La ricotta è di ottima qualità, lavorata più delle altre del test di oggi, ma pur sempre decisamente grezza. Dolcezza coerente con la lavorazione della ricotta, quindi ben riscontrabile ma moderata. Ottimo rappresentante della scuola che stiamo presentando. Alla fine del primo cannolo ed estrapolando la sensazione di sazietà su tre, sorge – non invitato – il dubbio di poter completare il test senza chiamare il 118.

Bar Vultaggio a Fulgatore.

Con i succhi gastrici già al lavoro, ci rimettiamo in sella e riprendiamo la SS113 verso Trapani, allontanandoci dalla statale quando un cartello invita a deviare a sinistra per raggiungere Dattilo. Qui ci accoglie l’Euro Bar (GPS 37.969465, 12.639237), ben diverso dal locale dimesso che ho imparato a conoscere trent’anni fa e cresciuto in notorietà e rifiniture proprio grazie alla produzione di cannoli. Qualche secondo d’attesa dopo la richiesta ed eccolo, riempito al momento, come impone il dogma. Anche lui presentato sul suo vassoietto di cartone, è di dimensioni impegnative ma nonostante questo risulterà il più piccolo dei tre. Rispetto al precedente, la ricotta è più grezza e se ne apprezza la grassezza, come sensazione tattile sulla lingua. La dolcezza è abbastanza simile a quella del cannolo di Fulgatore. Equilibrio e potenza, anche questo veramente notevole.

Euro Bar a Dattilo.

Torniamo in sella con una certa difficoltà per affrontare l’ultimo assaggio del “Cannolo Tour”.

Con la materia di confronto per due terzi nel nostro apparato digerente, torniamo in sella. Stavolta con una certa fatica perché vi assicuro che, se affrontati in sequenza, questi assaggi – chiamiamoli così – rappresentano una prova impegnativa. Ritroviamo la via della SS113 e continuiamo a percorrerla in direzione di Trapani. Appena il tempo d’inserire l’ultima marcia che dobbiamo fermarci perché siamo già a Napola, dove troviamo il bar Erice (GPS 37.988598, 12.633693). Entriamo con passo…piuttosto appesantito, ma recitiamo il mantra: “il dovere è dovere, la scienza deve sapere, siamo nati per soffrire”. E varchiamo la soglia.

Chiediamo il cannolo e confermiamo –  con un misto di commozione ed apprensione – che è per il consumo immediato. Purtroppo per il tester, quello che arriva sul vassoietto è il più grande dei tre. Pochi secondi dopo, si rivelerà anche il più estremo. Perché la ricotta è praticamente non lavorata, se ne sente la compattezza mitigata però dal tenore di grasso, che la rende cremosa. L’estremizzazione si rivela anche nello zuccheraggio, ridotto ai minimi termini. Come nell’esempio di Dattilo, al centro della scena si celebra l’attore principale: il latte ovino.

Bar Erice a Napola.

Tre cannoli di queste dimensioni sono un test molto serio.

Lo ripeto: tre cannoli di queste dimensioni affrontati in sequenza sono un test serio. Se non per i cannoli, certamente per chi li mangia. Decretare un vincitore è una questione di sfumature e di discettazioni dottrinali che non appartengono alla spensieratezza di questo giro. Personalmente, ho forse una minima preferenza per l’equilibrio di Dattilo, ma potrebbe essere imputabile al suo essere radicato più saldamente e più indietro nella mia esperienza gustativa. Come la madeleinedi Proust, ciò che riporta sulle papille il temps perdu ha un asso nella manica contro cui è difficile combattere. E poi, in fondo, a cosa serve scegliere un vincitore assoluto quando si è in presenza di tre campioni?

Tanto vale rotolare fino alla moto e continuare il giro verso Trapani. Poi, senza soluzione di continuità, proseguire sulla SS115 o sulla SP21 per lasciare vagare lo sguardo sulle saline. Se alla fine del “Cannolo Tour” ci si ritrova a Marsala, tanto vale ampliare la materia del test, mettendo alla prova la dottrina che sconsiglia l’abbinamento di un vino alla grassezza della crema di ricotta, soprattutto nel periodo invernale. Ma in Sicilia ci tramandano proverbi che invitano a farlo.

La storia e le tradizioni hanno sempre una ragion d’essere, quindi perché non tentare l’abbinamento delle numerose tipologie di Marsala Superiore e Vergine ai dolci appena mangiati? Anche questa è un’impresa ardita, per il numero e la varietà delle etichette a disposizione. Ma in fondo, se scoprite che l’abbinamento va provato con ulteriori quantità di cannoli, ormai sapete dove rifornirvi. E se ne mangiate anche solo un altro, siete ufficialmente degli eroi.

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